Categoria: Ascolto della Parola

  • Domenica delle Palme 2021

    Parrocchia di Fontane
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    Domenica delle Palme 2021
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    GESÙ  ENTRA A GERUSALEMME COME RE – Mc 11, 1-10

    Quando giunsero nelle vicinanze di Gerusalemme, cioè in prossimità di Betfage e Betania, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: “Andate nel villaggio che vi sta innanzi. Entrando, troverete un asinello legato, sul quale nessuno ancora si è seduto. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi chiedesse: “Perché fate ciò?”, dite: “Il Signore ne ha bisogno, ma subito lo rimanderà qui”. Essi andarono e trovarono l’asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada. Lo slegarono, ma alcuni dei presenti dissero: “Che cosa fate? Perché slegate l’asinello?”. Essi risposero loro come aveva detto Gesù e quelli li lasciarono fare. Portarono dunque l’asinello da Gesù, stesero su di esso i loro mantelli e Gesù vi sedette sopra. Allora molti stesero i loro mantelli sulla strada, mentre altri, rami tagliati nei campi. Poi quelli che andavano avanti e quelli che seguivano gridavano: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene del nostro padre Davide! Osanna nell’alto dei cieli!”.

    È una carovana di pellegrini che, partiti da Gerico, arrivano stanchi a Gerusalemme. Vogliono però subito vedere la città e il tempio, prima di ritirarsi a dormire per il riposo in una grotta del monte degli Ulivi. L’evangelista descrive Gesù, come il Re-Messia che entra nella città di Davide. Ma come si caratterizza il suo regno?

    Gesù entra a Gerusalemme come un re bisognoso, così povero da non possedere neanche il più povero degli animali, un asinello. Un Dio umile che non si impone, non schiaccia, non fa paura. “A un Dio umile non ci si abitua mai” (Papa Francesco).

    “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà subito”. Ha bisogno di quel puledro di asino… così ha bisogno anche di ciascuno di noi, ma non ci ruberà la vita, la libererà invece, e la farà diventare il meglio di ciò che può diventare. Aprirà in noi spazi al volo e al sogno. Contempliamo Gesù e mettiamoci in ascolto: in Gesù si compie la profezia del profeta Zaccaria: Il Re-Messia entra nella sua città.

    Viviamo la Settimana Santa che ci dispiega uno ad uno, i giorni anche del nostro destino. Ci vengono incontro lentamente, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. La cosa più bella è di viverli stando vicini alle infinite croci del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Stare accanto, con un gesto di cura, una battaglia per la giustizia, una lacrima raccolta da un volto.

    Gesù entra nella morte perché là è risucchiata ogni persona. Sale sulla croce per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere con l’amato, stringersi a lui, stringerlo in sé, per trascinarlo in alto, fuori della morte. 

    GETSEMANI: GESÙ NELL’ ABISSO DEL SILENZIO DI DIO –  Mc 14,32-42

    Quando giunsero in un podere, chiamato Getsèmani, Gesù disse ai suoi discepoli: “sedetevi qui mentre io pregherò”. Poi prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e cominciò a spaventarsi e ad agitarsi molto. Allora disse loro: “L’anima mia è triste da morire. Rimanete qui e vegliate” E mentre si allontanava un po’ cadeva a terra e pregava affinché, se fosse possibile, si allontanasse da lui quell’ora. E diceva: “Abbà, Padre, a te tutto è possibile: allontana da me questo calice: però non quello che voglio io, ma quello che tu vuoi.
    Ritorna dai discepoli, e li trova addormentati; allora dice a Pietro: “Simone dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora? Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, perché lo spirito è pronto, ma la carne è debole. 
    Di nuovo si allontanò e pregava dicendo la stessa preghiera. Poi tornò di nuovo da loro e li trovò addormentati, perché i loro occhi erano stanchi. E non sapevano cosa rispondergli.
    Quando venne da loro la terza volta disse: “voi dormite e riposate? Ciò è un ostacolo! È giunta l’ora: ecco il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Colui che mi consegna si sta avvicinando.

    È la pagina più sconcertante del Vangelo. È l’ora della crisi: Mai Gesù appare così uomo, così simile a noi come nel Getsèmani. Gesù è cosciente di essere il Messia e di essere giunto al culmine della sua missione. Improvvisamente è colto dalla paura di quella morte che ha sempre annunciato con una certa serenità. Ora predomina trepidazione, costernazione, spavento: quell’abbattimento che fa perdere le forze. È la realtà storica di Gesù, uomo come noi, disfatto, impotente, incapace, che non può tutto e che si rivolge al Padre, “che può tutto”.

    Il Getsemani è la passione interiore di Gesù: ci viene rivelato ciò che Egli ha provato nel suo animo. 

    All’inizio è predominante un movimento di separazione: Gesù si separa dai discepoli, poi da tre prediletti, infine resta solo. Nella prova Egli è solo di fronte al Padre. Lo invoca, ma anche il Padre sembra rimanere in silenzio. Gesù è veramente solo!

    La preghiera di Gesù al Padre, esprime una sorta di lacerazione interiore. Al di là di tutto rimane un punto fermo: la consapevolezza del suo rapporto filiale con Dio: “Abbà”, babbo. Consapevolezza che non viene meno neppure nella prova. Da qui nasce la sua preghiera: “Tutto è possibile a Te. Allontana da me questo calice”. Se Dio è Padre e può tutto, perché non sottrae alla prova? Dopo l’implorazione ecco la fiducia rinnovata, l’abbandono senza riserve: “Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi Tu”. Dal Gesù angosciato e impaurito si passa a un Gesù, che, dopo la preghiera, ha ritrovato serenità e fermezza. Il Padre non ha sottratto Gesù alla Croce, ma lo ha aiutato ad attraversarla. Il silenzio di Dio è un modo diverso di parlare.

    Mentre Gesù ha pregato, i discepoli hanno dormito… È chiaro che la fede dei discepoli è in pericolo e non riusciranno a seguire Gesù.

    GESÙ MUORE IN CROCE: SOLO DIO NON PUÒ’ SCENDERE DALLA CROCE – Mc 15, 22-40

    Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
    Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
    Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
    Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

    Tre tipi di persone prendono  posizione di fronte a Gesù in croce: due ladroni, i passanti, il potere costituito (gran sacerdoti e scribi). Immaginiamo di esserci anche noi in contemplazione di Cristo, l’unica persona solidale con ogni sofferenza, che sta morendo.

    “Salva te stesso, allora crederemo”. Qualsiasi persona, potendolo, scenderebbe dalla croce. Gesù, no. Il nostro Dio è differente: è il Dio che entra nella tragedia umana, entra nella morte perché là è risucchiato ogni suo figlio, Sale sulla croce per essere con noi e come noi, perché noi possiamo essere con Lui e come Lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo di questi è di essere con l’amato, unito, stretto, incollato a lui, per poi trascinarlo fuori con sé nel mattino di Pasqua. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in un’idea falsa di Dio. Solo la Croce toglie ogni dubbio. La Croce è l’abisso dove Dio diventa l’amante. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco e divampa.

       L’ha capito per primo un estraneo, un soldato esperto di morte, un centurione pagano che formula il primo credo cristiano: Costui era Figlio di Dio. Che cosa ha visto in quella morte da restare conquistato? Non ci sono miracoli, non si intravvedono resurrezioni. L’uomo di guerra ha visto il capovolgimento del mondo, di un mondo dove la vittoria è sempre stata del più forte, del più armato, del più spietato. Ha visto il supremo potere di Dio, del suo disarmato amore, che è quello di dare la vita anche a chi dà la morte; il potere di servire, non di asservire; di vincere la violenza, ma prendendola su di sé. È l’atto di fede a cui siamo invitati tutti noi: nel “modo”con cui Gesù muore, Lui che ha saputo portare fino alla morte la fedeltà alla missione del Padre, c’è la rivelazione che Lui è davvero il Figlio di Dio.

    Anche noi, disorientati e affascinati, lasciamoci attrarre dalla Croce. La suprema bellezza della storia è quella accaduta sulla collina fuori di Gerusalemme, dove il Figlio di Dio si lasciò inchiodare, povero e nudo, per morire d’amore. La nostra fede poggia su un atto d’amore perfetto. Bello è chi ama, bellissimo chi ama fino all’estremo. La Croce è l’immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso. Da allora, per sapere chi sia Dio, dobbiamo solo inginocchiarci ai piedi della Croce.

    Non capiremo mai la Croce: l’uomo non regge questo amore, è troppo limpido, ma Cristo non è venuto perché lo comprendessimo, ma perché ci aggrappassimo alla sua Croce, lasciandoci semplicemente sollevare da Lui. La fede sarà autentica, quando, abbandonati all’abbandonato amore di Gesù, anche noi sapremo nella debolezza, pregando, essere fedeli fino alla morte alla volontà del Padre.

  • IL CHICCO DI GRANO, ICONA DI UNA VITA FECONDA – Gv 12, 20-33

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    IL CHICCO DI GRANO, ICONA DI UNA VITA FECONDA – Gv 12, 20-33
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    Vangelo

    20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
    29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

    Commento

    È l’ultimo discorso pubblico di Gesù a Gerusalemme. L’ora della Passione – Glorificazione già varie volte annunciata da Gesù, è giunta. C’è tutto un accorrere di persone da Gesù: Giudei e anche Greci, pagani simbolo di quella universalità, che sarà il frutto della croce. Tutto il mondo sta andando dietro a Gesù, anche coloro che non appartengono a Israele: quelli che sono chiamati il “figli dispersi”. Questo provoca la reazione soprattutto dei farisei. 

    Di fronte a questo desiderio di conoscere e credere, Gesù, pastore, rivela che non può radunare tutte queste persone se prima non avrà donato la vita, in modo che le persone abbiano la vita in abbondanza. In questo accorrere di Giudei e Greci, Gesù comprende che è giunta l’ora per il grande raduno dell’umanità intorno a Lui che sarà glorificato.

    Vogliamo vedere Gesù”. La richiesta dei Greci esprime la richiesta eterna dell’uomo che cerca, e che arriva fino a noi, che oggi dovremmo fare nostra. Gesù anche a noi risponde: se volete capire me, guardate il chicco di grano e la croce: due immagini sintesi della mia persona e della mia vita.

    Il chicco di grano. Il vero volto di Dio sta nella breve e splendida storia del chicco di grano che produce molto frutto. L’accento non è sulla morte, ma sulla vita. Gloria di Dio non è il morire, ma il molto frutto buono. Lo sguardo del Signore è sulla fecondità, non sul sacrificio. Vivere è dare la vita. Non dare è già morire. Tuo è solo ciò che hai donato. Come accade per l’amore: è tuo solo se è per qualcuno. C’è in noi il pericolo di capire male questo morire, che porta ad una visione doloristica e infelice della religione, quando si concentra sul morire o il non morire.

    Guardiamo più da vicino questo granello di frumento: nessun segno di vita, un guscio aperto e inerte, che in realtà è un forziere, un piccolo vulcano di vita. Caduto in terra, il seme muore alla sua  forma, ma rinasce in forma di germe: non uno che si sacrifica per l’altro; seme e germe non sono due cose diverse; sono la stessa cosa, ma trasformata in più vita. La gemma si muta in fiore, il fiore in frutto, il frutto in seme. Nel ciclo vitale come in quello spirituale, “la vita non è tolta, ma trasformata”. Se sei generoso, se doni tempo, cuore, intelligenza; se dedichi il meglio di te stesso agli altri, non perdi, ma moltiplichi la vita. Teniamo sempre presente che seme e germe sono la stessa cosa, comprendi la logica del mistero della Pasqua: muore una forma, per rinascere in una forma più piena ed evoluta.

    La croce. La seconda icona che Gesù offre di sé è la croce. Se vuoi sapere chi sia Dio, devi solo inginocchiarti ai piedi della Croce. Gesù parla di croce in termini di gloria: sulla croce vediamo un amore forte, ostinato, che gli uomini cercano di scoraggiare, ma che non si lascia scoraggiare. Tutti aspettavano un Dio che si imponesse, invece Dio ha preferito la via dell’amore che rispetta la libertà, che è il segno obbligato di ogni vero amore.

    La Croce non si capisce: devo lasciarmi attrarre da qualcosa che non capisco, ma che mi seduce. Mi attira come la più grande bellezza: quella dell’amore. Mi aggrappo alla sua croce, cammino dietro a Cristo. Mi lascio attrarre da quell’infinito amore che si lascia inchiodare in quel niente di legno e di terra che basta per morire.

    All’uomo che oggi domanda a noi: “voglio vedere Gesù”, cosa rispondiamo? Mai come oggi arrivano a noi molte persone che stanno cercando Dio. Sulla loro bocca, spesso senza parole, c’è una domanda: mostrami il tuo Dio, fammi vedere in chi credi davvero. Certo Dio non si dimostra, ma si mostra. Lo mostriamo nel suo volto autentico quando abbiamo mani d’amore, occhi limpidi, una vita veramente abitata da Lui, quando riusciamo anche noi a morire con la fede del chicco di grano.

    L’anima mia è turbata”. Gesù, uomo come noi, non può non tremare e non aver paura. Cosa fa? Nel momento della sua “ora” Gesù prega: chiede al Padre di far sentire la sua potente presenza, che salva il mondo. Tutta la sua vita, in modo particolare il suo morire in croce, è stato una manifestazione dell’amore del Padre per gli uomini.

    Questi turbamenti di Gesù ci danno forza: ci dicono che ha avuto paura come un coraggioso, che ha amato la vita con tutte le sue fibre. Pur essendo uomo di carne e di paure, è uomo a tal punto che in Lui splende la gloria del Padre e quella dell’uomo. Gesù, amore fatto visibile, attira dolcemente anche noi verso la gloria, verso il molto frutto. Nella preghiera chiediamo anche noi di essere nel mondo, gemme di luce e di amore. Preghiamo Dio Padre che, col dono dello Spirito Santo, ci aiuti a  leggere la nostra vita, tenendo presente l’immagine del chicco di grano, ci aiuti nel saper illuminare, nel dialogo, le persone che ci interrogano, ma soprattutto, quando sarà il momento della nostra morte, ci aiuti a viverla come il momento in cui la vita si trasforma e raggiunge la sua pienezza.

  • OGNUNO DI NOI È FIGLIO PREDILETTO DEL PADRE – Gv 3,14-21

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    OGNUNO DI NOI È FIGLIO PREDILETTO DEL PADRE – Gv 3,14-21
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    Vangelo

    14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».  16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

    Commento

    Gesù non si fidava di coloro che, dopo il “segno” compiuto da Lui al tempio, “credettero” in Lui. Probabilmente, un’ora dopo, i mercanti, recuperate le loro bestie, avevano ripreso le compravendite e il commercio. Il gesto di Gesù non è rimasto però senza effetto. Allora, come oggi, interpella, per non cadere nell’errore di pensare che con il proprio comportamento si possa meritare la salvezza di Dio. 

    Giovanni ci racconta di uno dei presenti lì al tempio, Nicodemo, rappresentante dei farisei, osservante meticoloso della Legge di Dio, uno che con le parole e la vita insegnava come vivere quanto Mosè e i Profeti avevano detto. Anche la sua fede però era ferma al prodigioso! In qualità di capo e di maestro viene a parlare con Gesù, riconosciuto come “maestro venuto da Dio”. Viene di notte, in quanto è il momento propizio per riflettere con altri maestri. Preoccupato dell’osservanza della legge morale, ignorava che la Parola di Dio annunciava il libero agire di Dio che fa rinascere mediante lo Spirito. Il dialogo, quella notte, con Gesù lo trasforma profondamente.  Nicodemo, uomo di paure, scivola da Gesù. Gesù non lo giudica, è paziente con le sue lentezze, rispettoso delle sue paure.

    Nicodemo scompare poi dalla scena. Ricomparirà nel vangelo più avanti, tutto trasformato, quando, di fronte ai capi dei sacerdoti, dirà che non si può condannare Gesù senza averlo prima ascoltato (Gv 7,40-53: “dalla Galilea non può sorgere un profeta”); e nella sepoltura di Gesù (Gv 19,39) quando con coraggio si presenta a Pilato per reclamare il corpo di Gesù, portando una quantità enorme di aromi.

    Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo. Giovanni è stato testimone della passione e morte di Gesù sul Calvario. Ha visto con i suoi occhi la sofferenza di Gesù, il disprezzo che egli subiva da parte dei carnefici, e soprattutto quel supplizio vergognoso e terribile che era la croce. Ma, dopo la resurrezione di Gesù, contemplando quanto avvenuto, lo legge in modo diverso rispetto agli evangelisti sinottici. Matteo, Marco e Luca vedono Gesù come il “Servo del Signore” (Is 53: l’agire criminale e infame, le torture, il supplizio), Giovanni vede Gesù come l’agnello che si consegna alla morte, il servo innalzato e glorificato: la croce è gloria. Gesù in croce è fonte di salvezza e di vita. Gesù in croce diventa la  forza attraente del cosmo, una forza di gravità che solleva verso l’alto tutta la storia, in particolare il dolore innocente.

    Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. Ascoltiamo con stupore queste parole che riassumono il rapporto tra Dio e noi nella storia. Dio e il mondo sono lontanissimi, divergenti, eppure Dio costruisce il ponte che fa sì che s’incrocino e si abbraccino. Dio considera ogni persona più importante di se stesso. Dio Padre ha amato ciascuno di noi quanto ha amato il suo Figlio Gesù. Per acquistare noi, ha perso il suo Figlio Gesù! Questo amore unico del Padre e del Figlio sarà per sempre. Non solo noi, ma il mondo intero: la terra, gli animali, le piante, tutta la creazione.

    Amati come Gesù, siamo cristiani, perché crediamo che Dio ci ama così e ci immergiamo in questo oceano di amore. La prima cosa da fare, è eliminare dai nostri pensieri qualsiasi paura, e soprattutto il pensiero di un Dio che punisce. 

    Dio poi ci ha donato un cuore più importante di se stesso; ci chiede, in quanto amati da Lui, di amare ogni persona e il mondo intero. Amare questa terra, i suoi spazi, i suoi figli, il suo verde, i suoi fiori, la sua bellezza. È l’amore che fa esistere, come fa Dio con noi. Il nostro amore è autentico quando dona.

    La luce è venuta, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce. Gesù è venuto per salvare. Di fronte alla sua rivelazione si deve scegliere: o accogliere Gesù o rifiutarlo. Accogliendo il suo amore ci costruiamo la salvezza, rifiutandolo ci costruiamo la condanna. Giorno dopo giorno diventiamo ciechi o vedenti. E le tenebre possono diventare così fitte da essere impermeabili alla luce. Si tratta di una scelta consapevole, non di un male fatto per debolezza. Una persona che resta a lungo in una stanza buia, posta di fronte alla luce del sole, chiude gli occhi accecata. Si è abituata alle tenebre e non sopporta la luce. Si è assuefatta alla menzogna e non comprende la verità. Si può convivere con la menzogna, e la verità viene rifiutata, proprio perché verità. È questo quello che dice Gesù ai giudei: “Poiché dico la verità, voi non mi credete” (Gv 8,45).  Se dicessi parole menzognere, quelle che voi volete sentir dire, mi credereste. Chi fa il male vuole giustificarlo. Demolisce la verità e la deride. Si difende. Solo una vita corretta permette di aprirsi alla verità: non un complesso di idee da imparare, ma un progetto da vivere.

    Come Nicodemo, ascoltiamo Gesù, lasciamoci attrarre da questo incredibile amore di Dio, accogliamo con fiducia la sua luce che ci invita alla speranza e all’amore, vincendo le tenebre dell’odio e della morte. Rispondiamo all’amore con l’amore.

  • SEI CASA DEL PADRE, NON FARE MERCATO DEL TUO CUORE – Gv 2,13-25

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    SEI CASA DEL PADRE, NON FARE MERCATO DEL TUO CUORE – Gv 2,13-25
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    Vangelo

    13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». 17I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. 18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.  23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. 24Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.

    Commento

    Si avvicinava la Pasqua dei giudei”: la festa  che Israele celebrava ogni anno nel plenilunio di primavera, come memoriale dell’Esodo dall’Egitto, l’intervento di Dio che ha creato il suo popolo santo. Gesù, salito a Gerusalemme in occasione di questa festa, entra nel tempio, il luogo dell’incontro con Dio, della sua Presenza, ma constata che da luogo di culto a Dio, è diventato luogo commerciale, mercato dove regna l’idolo del denaro. Il luogo riservato ai “gentili”, perché potessero avvicinarsi e cercare il Dio vivente, era diventato luogo per arricchirsi economicamente da parte di Caifa, dei sacerdoti e degli inservienti del tempio, dalle offerte dei fedeli e dall’acquisto delle vittime per i sacrifici (buoi per i ricchi, pecore, colombe per i poveri). Com’era possibile tale perversione? 

    Come avevano fatto i profeti, Gesù denuncia il culto perverso con un gesto fortemente polemico, non certo per abolirlo, ma per purificarlo. Era, infatti diventato un culto non gradito a Dio, in quanto opprimeva i poveri. I profeti avevano ricordato continuamente che il culto non è solo adorazione, è anche missione e conversione. L’elemento essenziale del culto al tempio era l’ascolto della Parola, e questa impegna la vita. Nel tempio si incontra il Dio vivente: non un Dio chiuso nel tempio e preoccupato di sé, ma un Dio interessato a ciò che succede fuori.

    L’evangelista, parlando della situazione vigente nell’Antica Alleanza, dà il senso del nuovo che ha come centro Gesù, “nuovo tempio”, cioè nuovo luogo d’incontro con Dio. Il tempio deve ritornare ad essere la casa del Padre. Per la prima volta Gesù si presenta come il “Figlio” che sostiene e difende i diritti di Dio suo Padre. Quel luogo di mercato deve essere distrutto e rifatto, per diventare la casa del Padre.

    La tenerezza e la dolcezza di Gesù si trasformano in determinazione, forza, coraggio. Gesù si prepara una frusta e attraversa la spianata del tempio come un torrente impetuoso, travolgendo uomini, animali, tavoli, monete e gridando che Dio vuole misericordia e non sacrifici. Ora è il sacrificio di Dio all’uomo che prende il posto dei tanti sacrifici degli uomini a Dio. Il gesto di Gesù interroga anche tutti noi a non fare mercato della fede. Con Dio non esiste la legge scadente della compravendita, la logica del baratto dove diamo a Dio qualcosa (una Messa, un’offerta, una candela, una preghiera, una rinuncia), perché Lui dia qualcosa a noi: qualche favore in cambio. Se facciamo così, se crediamo di coinvolgere Dio in questo gioco mercantile, siamo solo dei cambiamonete. E Gesù rovescia anche il nostro tavolo: Dio non si compra e non si vende, è di tutti.   Noi siamo salvi perché riceviamo. È offensivo nei confronti di Dio pensare: io ti do preghiere e offerte, tu mi dai lunga vita, fortuna e salute. Purtroppo respiriamo le leggi dell’economia dove il bene il male è determinato dal denaro: più denaro è bene, meno denaro è male.

    È solo nel dare e ricevere amore che si pesa la felicità della vita. Ai Giudei che gli domandano quale segno ci mostri, per fare così? Gesù risponde che la vera casa di Dio è il suo corpo: Lui morto e risorto. Gesù è il vero tempio: luogo dell’incontro con Dio e luogo dell’incontro delle persone. In Gesù possiamo fare un’autentica esperienza di Dio e in Gesù possiamo fare un’autentica esperienza di fraternità. Ogni corpo di uomo e di donna è tempio di Dio: fragile, bellissimo e infinito. E se una vita vale poco, niente e comunque vale quanto una vita, perché con un bacio Dio le ha trasmesso il suo respiro eterno. Non fare mercato di te stesso, vendendo la tua dignità e la tua onestà per briciole di potere o di profitto.

    Guardiamo con attenzione al nuovo tempio. “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. “Tutti” dice l’universalità più completa. “Attirare” : non dice una forza che ti costringe, ma una bellezza che ti affascina. Il Crocifisso innalzato svela che l’amore, che tante volte appare sconfitto, è in realtà vittorioso, capace di vincere persino la morte.

    Allora, quelli che erano al tempio, che dovevano riconoscere in Gesù, il Signore che prendeva possesso della casa del Padre, non lo hanno riconosciuto e non lo hanno accolto. E subito dopo, è ripresa di nuovo l’attività commerciale, come se Gesù non avesse compiuto quel gesto.

    Anche per i discepoli quelle parole di Gesù rimasero incomprensibili. Solo la luce della Pasqua, illuminata da Gesù risorto e guidata dallo Spirito Santo, li porterà a vedere tutto chiaro. Gesù risorge per virtù propria ed è il nuovo e definitivo santuario di Dio, dove i figli incontrano il Padre e da Lui sono visti nel Figlio.

    Gesù non si fidava di loro”.  C’è tensione tra Gesù e i “molti che credettero in Lui”. Gesù aveva una conoscenza esperienziale immediata delle persone. Da una parte bisogna ricordarsi che solo Lui può rivelarci il vero volto di Dio, dall’altra la fede fondata solo sui “segni”, sulle “opere”, non è sufficiente. Il miracolo, il prodigioso, è sempre qualcosa di passeggero. Il passaggio da una fede imperfetta ad una vera fede lo realizziamo ascoltando Gesù e lasciandoci trasformare dallo Spirito Santo.

    Chiediamo a Dio che conosce cosa c’è di ansie, di paura, di forza, di tenebra nei nostri cuori, Lui che ci ha fatti così, non solo di farci toccare con mano che siamo deboli e che cediamo facilmente, ma di non dimenticare che siamo sempre tempio di Dio, che in noi c’è il bene più forte del male, c’è il bene più antico del male, e l’amore di domani.

  • COSÌ IL SIGNORE HA SOGNATO IL VOLTO DELL’UOMO – Mc 9, 2-10

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    COSÌ IL SIGNORE HA SOGNATO IL VOLTO DELL’UOMO – Mc 9, 2-10
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    Vangelo

    2Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù. 5Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!». 6Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. 7Poi si formò una nube che li avvolse nell’ombra e uscì una voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». 8E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. 9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti. 10Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti.

    Commento

    Dall’abisso di pietre al monte della luce, dalle tentazioni nel deserto alla trasfigurazione: questo è il percorso di vita spirituale che ciascuno di noi deve affrontare. Guardando a Gesù diventeremo anche noi raggianti, non avremo più volti oscuri. Gesù ci invita a salire con Lui sulla montagna per incontrarci con Dio, che vuole aprire anche i nostri occhi, perché, nella contemplazione, comprendiamo meglio il mistero di Gesù.

       L’esperienza della trasfigurazione ha uno scopo ben preciso: risvegliare ai discepoli disorientati di fronte all’annuncio che il “Figlio dell’uomo deve soffrire”, il senso profondo di questo cammino di Gesù. I discepoli hanno già capito che Gesù è il Messia e già si stanno rendendo conto che la sua strada conduce alla Croce, ma non riescono a capire come la Croce nasconda la gloria. Per questo hanno bisogno di un’esperienza, seppure fugace e provvisoria, una sorta di verifica. La trasfigurazione diventa così lo svelamento del significato della via della Croce, il suo significato pasquale. L’uomo incamminato verso la Croce è in realtà il Signore risorto e glorioso. 

       Quello che ci viene proposto è un evento storico, non un mito. Dopo aver fatto per la prima volta alla sua comunità l’annuncio della passione, morte e resurrezione ormai prossime, suscitando l’incomprensione di Pietro, e aver detto alla folla che la sequela passa attraverso la croce, ora Gesù sollecita il discepolo a vivere senza vergogna la sua croce. 

       Sei giorni dopo, per collocare nel settimo giorno quanto avviene sulla montagna. Avvenne così anche per Mosè sul monte Sinai, prima di incontrarsi con Dio. La montagna è la terra dove si posa il primo raggio di sole e indugia l’ultimo, la terra che si innalza nella luce, la più vicina al cielo, quella che Dio sceglie per parlare e rivelarsi. Infatti lassù appaiono Mosè ed Elia, gli unici che hanno visto Dio. La Legge (Mosè) e i Profeti (Elia) trovano in Gesù il loro compimento, la realizzazione delle promesse. Ora Gesù è a contatto con Dio e i tre discepoli sono testimoni della sua gloria. La capiranno però pienamente solo dopo la resurrezione.

       Tutto è narrato dal punto di vista dei discepoli, di ciò che accade loro, del percorso che loro e noi possiamo compiere per giungere a godere la bellezza della vita.

       “Che bello!” La  fede per essere vigorosa deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, un “che bello”gridato a pieno cuore. Ciò che seduce Pietro è la bellezza del volto di Gesù. Quel volto dove l’uomo si sente finalmente a casa: qui è bello stare! Il nostro cuore è a casa solo accanto a Gesù.

       La fede diventa così scoperta della bellezza del vivere, capacità di ridare gusto ad ogni cosa che facciamo, al nostro risvegliarci al mattino, ai nostri abbracci, al nostro lavoro. Tutta la vita prende senso e si illumina. La trasfigurazione non è quindi un evento che riguarda solo Gesù, al quale noi assistiamo da spettatori, ma è un evento che ci riguarda tutti, al quale possiamo e dobbiamo partecipare. Il volto di Gesù sul monte è il volto ultimo dell’uomo, è il presente del futuro. E’ come sbirciare per un attimo dentro il Regno, vederlo come una forza presente, che preme sulla nostra vita, per trasformarci.

      Giriamoci verso la luce di Cristo, lasciamoci irradiare, illuminare, e godremo della luce, il simbolo primo di Dio. La forza del cuore di Pietro è la scoperta della bellezza di Gesù: da lì viene la spinta ad agire: Facciamo qui subito tre tende …”.

       La seduzione nasce da una bellezza, almeno intravista, anche se per poco. I tre si emozionano, sono storditi: davanti a loro si è aperta la rivelazione di un Dio luminoso, bello, un Dio da godere, un Dio da stupirsene.

       Marco cerca di esprimere con parole umane la luminosità straordinaria di Gesù trasfigurato. Il bianco è la luce, è il colore del mondo celeste, del cielo aperto, e niente sulla terra gli si avvicina. Il corpo di Gesù emana luce, come emanava il volto di Mosè.

      Infine il Padre prende la parola, ma per scomparire subito dietro la parola del Figlio. Gesù è la voce che diventa volto. Saliti sul monte per vedere, sono rinviati all’ascolto. L’ascolto è ciò che definisce il discepolo. Nell’ascolto il discepolo vive la gioiosa fatica di liberare tutta la bellezza di Dio sepolta nella sua vita.

      I tre sono invitati a tacere fino all’evento della Resurrezione, che rivelerà definitivamente la gloria del Figlio dell’uomo accanto a Dio. Per ora sono ancora nell’incomprensione. Si mettono a discutere sul significato della resurrezione dai morti del Figlio dell’uomo.

  • DAI SASSI EMERGE LA VITA, FIDIAMOCI. – Mc 1, 12-15

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    DAI SASSI EMERGE LA VITA, FIDIAMOCI. – Mc 1, 12-15
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    Vangelo

    12Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».

    Commento

    Dopo il Battesimo al Giordano, dove lo Spirito Santo scende su Gesù, che è proclamato dalla voce del Padre: “Tu sei il Figlio mio, colui che amo, io ti ho scelto per mandarti”, ora lo Spirito , sotto forma di energia, sospinge Gesù verso la prova, per dare inizio, partendo dal deserto, ad un nuovo Esodo.

    Gesù è sospinto dallo Spirito in un pellegrinaggio verso il luogo del cuore, là dove tutto si decide, verso la scelta. Essere tentato vuol dire scegliere. La tentazione è sempre una scelta tra due vite, tra due amori. E vinci, quando scegli l’amore più grande. Senza scegliere, non si vive, manca il grande gioco della libertà. Quando manca la scelta, scompare la libertà e finisce la vita. Nella presentazione dei comandamenti, Dio invita a scegliere: “Io metto davanti a te la vita e la morte, scegli!”. E’ Dio stesso che supplica l’uomo: scegli, ti prego, la vita!.

    Scegliere è vivere. Noi moriamo, perché adoriamo cose da nulla, perché scegliamo amori da nulla. Il racconto di Marco della permanenza di Gesù nel deserto, è un capolavoro di concisione. Gesù, nei quaranta giorni di prova, un tempo lungo e simbolico, sceglie il “Regno di Dio”. Che tipo di Messia sarà? Venuto per essere servito o per servire? Preferisce il successo personale alla guarigione dell’umanità? Gesù indica la via per vincere il male. Non basta denunciare il male, lamentare la caduta dei valori, accusare la cattiveria dei tempi. Gesù sceglie la via dell’annuncio. Non un contestatore, ma un messaggero di una vita straordinariamente promettente.

    Non basta neanche l’impegno, lo sforzo, prima bisogna conoscere la bellezza di ciò che sta succedendo, la grandezza di un dono che viene da altrove: il Regno di Dio, che è qui, dentro ciascuno di noi. Dio viene e guarisce la vita. Ti dà il suo respiro, il suo sorriso, la sua vita. Non ti lascia più se tu non lo lasci.

    Gesù inizia dal deserto, dalla sete, dalla solitudine, dall’angoscia delle interminabili notti. Sceglie di entrare subito nel paesaggio della nostra fatica di vivere. Un po’ alla volta la petraia si trasforma. Dai sassi emerge la vita. Gesù non schiaccia le bestie selvatiche, convive con esse: è la pace del paradiso che Gesù vuole donare all’umanità. Egli è il nuovo Adamo, vuole portare l’umanità alle origini. Da quando Gesù lo ha abitato, non c’è più deserto che non sia benedetto da Dio,  dove non lampeggino frammenti scintillanti del regno. Il Regno di Dio è allora simile ad un deserto dove germoglia la vita, un’energia che trasforma.

    Tre esperienze si intrecciano in quel deserto:

    • Satana incita con accanimento Gesù al peccato, che consiste nel portarlo a non vivere l’esercizio fedele della missione che aveva ricevuto dal Padre, compresa la sua conclusione dolorosa. Satana sa che Gesù con la presenza e azione sta inaugurando i tempi nuovi. Gesù è l’antitesi della prima coppia di Adamo ed Eva e trionfa su Satana.
    • L’aggressività delle bestie contro l’uomo è la conseguenza della perdita dell’immagine di Dio a causa del peccato. La cornice pacifica degli animali del deserto sta a significare che con Gesù l’uomo entra nell’era della salvezza finale.
    • Gli angeli lo servivano: Gesù introduce i tempi nuovi in cui l’ordine divino ritrova i suoi diritti e si compie.

    Anche per noi, il tempo è compiuto: è arrivato un momento decisivo, il termine fissato da Dio per realizzare il suo piano è arrivato, e il presente ne viene completamente modificato. Come credenti siamo invitati fin d’ora ad accoglierlo. Non conversione sotto la minaccia del castigo, ma nella prospettiva di una situazione definitiva di salvezza.

     Quattro sono gli annunci che Gesù fa

    • E’ finita l’attesa, i giorni sempre uguali, si apre il tempo della Parola che trasforma la vita.
    • Il Regno è vicino. Dio si è fatto vicino in Gesù.
    • Convertitevi: non un’ingiunzione, ma un invito, una preghiera: cambia strada, io ti indico la via per le sorgenti, per un  Dio luminoso, un nuovo modo di orientarsi nel mondo.
    • Credete nel Vangelo: riprova l’emozione di dare vero ascolto a queste parole: Dio è qui e guarisce la vita. La buona notizia che Gesù annuncia è l’amore. Abbi fiducia nell’amore e dai fiducia all’amore in tutte le sue forme. Ricomincia da qui. E sarà il Regno.

    Iniziamo la Quaresima con un sorriso, crediamo nel Vangelo: diamo finalmente fiducia all’amore.

  • L’AMORE CHE NON ESCLUDE NESSUNO – Mc 1, 40-45

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    L’AMORE CHE NON ESCLUDE NESSUNO – Mc 1, 40-45
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    Vangelo

    40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

    Commento

    Quanto tempo durò il girovagare di Gesù attraverso la Galilea, prima di rientrare a Cafarnao? Cosa ha predicato Gesù? Oltre a cacciare demoni, ha pure compiuto guarigioni? Nel vangelo di Marco non troviamo risposta. Marco racconta solo questo episodio: guarigione di un lebbroso. Nel raccontarlo ci sono tre sottolineature messe in evidenza:

    • il miracolo è legato alla fede:  suppone la fede, suppone che l’uomo prenda coscienza della sua situazione, dalla quale non può uscire, e si affidi alla potenza di Gesù (Lo supplicava in ginocchio, se vuoi…). Il miracolo così diventa una lezione: la prova che la salvezza non è opera dell’uomo, ma dono di Dio.
    • Il miracolo non è a beneficio esclusivo del miracolato, ma, come nel racconto, il lebbroso è inviato ai sacerdoti, per offrire loro la possibilità di conoscere il Signore (Presentati… a testimonianza per loro). Saranno così i sacerdoti che, constatando che è guarito, gli daranno la possibilità di rientrare ufficialmente nella società culturale del suo popolo, e di partecipare di nuovo alle celebrazioni cultuali.
    • Gesù tocca un intoccabile, che deve vivere al bando della società. Questa era la legge. Il lebbroso era il più malato dei malati, ritenuto contagioso, impuro, un cadavere che cammina, uno che non si deve toccare. E’ uno che c’è, ma non esiste.  “Starà solo, lontano, fuori dell’accampamento”.  Gesù supera le regole, abbatte le barriere, lo accoglie, e lo tocca. Quell’uomo, secondo la legge, è un castigato da Dio, un rifiuto del cielo, una persona culturalmente impura. La lebbra era incurabile, solo Dio poteva liberare da un simile male. Gesù insegna che non esiste uomo da accogliere e uomini da evitare, uomini con diritti e uomini senza diritti. Per Gesù, neppure un lebbroso può essere considerato come un castigato, umiliato da Dio. Toccandolo, Gesù gli fa capire che per Lui non era emarginato, ma una persona degna di bontà, capace di aprirsi alla misericordia divina.

    Il lebbroso, che non ha nome e volto, a nome di ogni creatura dice una frase bellissima: “Se vuoi puoi guarirmi”. A nome di tutti i sofferenti interroga Gesù: tu vuoi quello che dicono gli scribi, o vuoi guarirmi? Come ogni persona sofferente, il lebbroso s’interroga: la malattia è castigo di Dio, deve considerarsi un rifiuto, come dicono gli scribi? Qual è il vero volto di Dio? Cosa vuole Dio da questa carne piagata, da queste lacrime? La volontà di Dio è pazienza nel vivere le sofferenze e i sacrifici, come dicevano i sacerdoti? Gesù è felice di rivelare il vero volto di Dio: “Lo voglio, guarisci!”. Eternamente Dio vuole figli guariti: Dio è guarigione, non ha creato la morte, né la lebbra, né la guerra …

    La svolta di tutto  è: “provò compassione!”. Il lebbroso con la sua audace preghiera considera Gesù superiore a Mosè e a Eliseo. Capisce che basta una parola (“se vuoi”), come se credesse che Gesù è Dio.  La mano di Gesù parla prima della voce, le dita sono più eloquenti delle parole. Toccando il lebbroso, Gesù è diventato, secondo la Legge, impuro. Ma per lui, l’uomo è sempre puro e vale più della Legge. Con una carezza Gesù guarisce. Da troppo tempo nessuno toccava più i lebbrosi, per paura, per ribrezzo, per obbedienza alla Legge. E così la loro carne moriva di solitudine, il loro cuore moriva di assenze.

    La guarigione comincia quando qualcuno ci avvicina e ci tocca con amore, ci parla da vicino, non ha paura, patisce con noi. Il dolore non domanda spiegazioni, vuole partecipazione. Ogni rifiutato è trasformato dall’accoglienza.

    Dio è guarigione e vuole figli guariti. Dio lotta con noi contro ogni nostro male. Vuole che anche noi, pieni di Gesù, oggi riusciamo a fare le stesse cose. Coloro che sono pieni di Gesù possono fare miracoli. Sono le persone che con coraggio si avvicinano e toccano i lebbrosi del nostro tempo: barboni, tossici, prostitute … Li toccano con un gesto di affetto, un sorriso; e molte di queste persone, guarite dal loro male, diventano, a loro volta, guaritori. Quelli che hanno avuto il coraggio di toccare i lebbrosi del loro tempo, testimoniano che fare questo porta con sé una grande felicità.

    Gesù inoltre non compie miracoli per aver successo, per convertire qualcuno. Lui guarisce il lebbroso perché sia restituito alla gioia degli abbracci. L’amore fatto per qualche scopo non è vero amore.

    Stranamente Gesù vuole che nessuno sappia di questo miracolo. C’è sempre il pericolo di strumentalizzare la sua persona. Gesù è per tutti, ma non accetta interpretazioni sbagliate riguardo il suo agire. Non basta quindi parlare di Cristo, bisogna soprattutto parlarne bene. Ecco la buona notizia: invece di un Dio che condanna, il vero volto di Dio è quello che gratuitamente guarisce la vita.Invitato a “non dire niente a nessuno”, tutto fu inutile. Chi mai riesce a far tacere una persona colma di gioia? Così il lebbroso diventa un vero annunciatore del Vangelo. Il purificato diventa apostolo e annuncia a tutti Gesù.

  • QUELLA MANO CHE RIACCENDE LA SPERANZA Mc 1,29-39

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    QUELLA MANO CHE RIACCENDE LA SPERANZA Mc 1,29-39
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    Vangelo

    29E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. 
    32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
    35Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce 37e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

    Commento

    Leggiamo questa pagina, che ci presenta Gesù in quella che è chiamata la “giornata di Cafarnao”, come discepoli che osservano Gesù, cercando di penetrare nel segreto della sua persona, ma soprattutto discepoli che entrano in sintonia con Lui, che imparano un modo di vivere: il suo. Marco collega i vari avvenimenti in un’ideale giornata, che ci rivela chi è e che cosa fa Gesù.

    La giornata tipo di Gesù è ritmata sulle tre occupazioni quotidiane preferite da Gesù: immergersi nella folla, guarire e far star bene le persone; immergersi nella sorgente segreta della forza, la preghiera; da lì risalire ripieno di Dio e annunciarlo. Un giorno e una sera per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. E poi la vita si diramerà verso altri villaggi, verso un altrove di dolori e sofferenze.

    Subito: l’attività di Gesù è segnata dalla fretta. Gesù è in perenne movimento e ha molte cose da fare, a volte non trovando il tempo per mangiare. Una fretta, questa di Gesù, che però non ha nulla da spartire con la fretta dispersiva e distratta che troppe volte rovina le nostre giornate. Gesù è incalzato dall’urgenza del Regno, totalmente proteso nella missione di annunciare il suo arrivo. Ha fretta, tuttavia trova il tempo per ritirarsi nella solitudine a pregare: non manca mai lo spazio per il colloquio col Padre.

    Dalla sinagoga alla casa di Pietro e Andrea, con Giacomo e Giovanni. È la piccola comunità che già si è formata intorno a Gesù. Il nuovo luogo di riunione e insegnamento è la casa. Ora vi giungono dopo aver santificato il sabato nella sinagoga. Entrano per condividere insieme il pasto, nel luogo dove la donna è regina. Mentre l’uomo andava alla sinagoga, la donna in casa, con il suo servizio, esercitava la “liturgia del sabato”.

    La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. È bella questa preoccupazione degli apostoli per i problemi e le sofferenze delle persone care e il metterne a parte Gesù, come si fa con gli amici. Nella preghiera, tutto ciò che preoccupa il nostro cuore deve entrare nel nostro dialogo con Dio.

    Gesù ascolta e non risponde: si avvicina, si accosta, va verso il dolore, non lo evita, non ha paura.

    E la prese per mano. Mano nella mano, come forza trasmessa a chi è stanco, come a dire: “non sei più sola”. Chi soffre, chiede questo, di non essere abbandonato da chi gli vuol bene, di non essere lasciato solo a lottare contro il male. E la fa alzare. È il verbo della risurrezione. La potenza di Gesù è capace di trarre la paziente dalla sua posizione di malata rimettendola in piedi. Gesù alza, eleva, fa sorgere la donna, la riaffida alla vita piena, perché si incammini nella strada del servizio. Nel racconto delle tentazioni di Gesù, il segno della vittoria sono gli angeli che servono Gesù. Qui Gesù vince il male, e la suocera di Pietro, che nella mentalità del tempo era considerata una nullità, ora ci viene presentata come la prima diaconessa della comunità di Gesù. La mano che ti solleva riaccende  la fretta dell’amore e dice: guarisci altri e guarirà la tua vita.

    Dopo il tramonto del sole, cioè passato il sabato, in cui era proibito anche visitare gli ammalati, tutto il dolore di Cafarnao si riversa alla porta della casa di Simone: la città intera era riunita davanti alla porta. Gesù in piedi, tra la casa e la strada, Gesù che ama le porte aperte, li guarì tutti: malati e indemoniati. Egli salva tutti. Siamo dopo il tramonto, inizia il nuovo giorno, la domenica, giorno della vita guarita e incamminata verso la sua fioritura. Contempliamo Gesù veramente solidale con le sofferenze umane, totalmente donato alla liberazione di tutti. Questo egli cerca e vuole da noi.

    Quando era ancora buio, uscì in un luogo segreto e là pregava. Un giorno e una sera per pensare all’uomo, una notte e un’alba per pensare a Dio. All’insaputa di tutti se ne va via dalla città e cerca la solitudine per pregare. Ci sono nella vita sorgenti sacre da frequentare, e la prima di esse è Dio. Gesù ci insegna a inventare spazi di preghiera, dove niente sia più importante di Dio. Gesù uomo aveva bisogno di questi momenti, e a noi insegna che l’apostolato senza preghiera è impossibile. La preghiera non è solo distacco dall’attività, ma momento di riflessione e di revisione, un dialogo con Dio Padre, una ricerca della sua volontà.

    Simone si mette sulle sue tracce: non è il discepolo che segue il maestro, ma che lo insegue, con ansia, lo raggiunge e interrompe la preghiera: tutti ti cercano. Comunica l’ardente desiderio che la popolazione ha di rivederlo: “la gente ti vuole e tu stai qui a perdere tempo; hai avuto un grande successo a Cafarnao, condividiamolo”.Andiamo altrove. È una nuova chiamata, un invito a seguirlo altrove. La sequela apre sempre nuovi orizzonti, e sempre verso l’inaspettato. Da una sola città (Cafarnao) ai villaggi vicini, e poi all’insieme della Galilea.  Cerca altri villaggi, un’altra donna da rialzare, un altro dolore da curare. E se ne andò. Il testo non parla se andarono anche discepoli. Marco dice solo quello che ha fatto Gesù. I discepoli devono limitarsi a seguirlo, osservarlo e imparare da Lui che ora percorre con loro tutte le contrade della Galilea. L’invito è: andiamo anche noi altrove a sollevare altre vite, a stringere mani. Perché di questo Lui ha bisogno, di stringere la mia mano, non di ricevere onori. Lui ha bisogno di guarire la vita, Lui ama ricordarsi di noi, va in cerca delle nostre febbri. Sta però a noi coltivare la vita risorta col coraggio del servizio.

  • IL SIGNORE LIBERA L’UOMO DA TUTTO CIÒ CHE LO IMPRIGIONA – Mc 1, 21-2

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    IL SIGNORE LIBERA L’UOMO DA TUTTO CIÒ CHE LO IMPRIGIONA – Mc 1, 21-2
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    Vangelo

    21Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: 24«Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». 25E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell’uomo». 26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

    Commento

    Gesù con i quattro pescatori chiamati entra a Cafarnao. Come loro, anche noi seguiamolo, per entrare in sintonia con lui, per imparare un modo nuovo di vivere, quello di Gesù. Marco ci descrive le prime impressioni che Gesù ha fatto sulla gente. L’inizio del ministero di Gesù è caratterizzato dalla sua “autorità” sia nell’insegnamento, che nel comandare agli spiriti impuri e “questi gli ubbidiscono”. L’annuncio del regno di Dio da parte di Gesù è subito accompagnato dalla sua attività di guaritore e di esorcista, come segno dell’intervento di salvezza di Dio nei confronti del suo popolo, segno che il regno di Dio annunciato dai profeti è finalmente giunto. Solo la fede  può percepire questa misteriosa presenza del regno di Dio, già operante, anche se  invisibile. 

    Marco ci porta subito nell’ambiente  della sinagoga. A quel tempo, nella Palestina c’erano sinagoghe non solo nei grandi centri, ma anche nelle piccole città e villaggi. Gli Israeliti ci andavano per la preghiera  e per la lettura e spiegazione della Scrittura. Ogni israelita poteva chiedere la parola e intervenire. Così fa Gesù che entra nella sinagoga, prende la parola per insegnare. Gesù è già in piena missione, i discepoli lo osservano per imparare da lui. 

    Fedele al comandamento del sabato, Gesù si reca nella sinagoga dove è riunita la comunità. Quel giorno toccò a lui leggere la parola e darne la spiegazione. Non sappiamo cosa quel giorno abbia insegnato. Ma ci viene detto che si è trattato di un insegnamento nuovo, mai sentito prima o altrove. Nella parola di Gesù si avverte la presenza della novità di Dio: qualcosa che ti rigenera, rinnova e ringiovanisce. Proprio quella parola che uno andava cercando, magari senza saperlo.

    Ed erano stupiti del suo insegnamento. Lo stupore, esperienza felice e rara: è la capacità di incontrarsi, ogni volta che incontriamo qualcuno che ha parole che trasmettono la sapienza del vivere. Proviamo anche noi a stupirci davanti al Vangelo, guardando a Gesù come innamorati, ascoltando come bambini, pronti a meravigliarci. I quattro pescatori, come noi, non sono pronti, preparati alla novità, come non lo siamo noi. Loro erano affascinati dal giovane maestro, e rimangono sorpresi.

    Gesù insegnava come uno che ha autorità. Autorevoli sono soltanto le parole di chi è amico della vita. Gesù è sempre a favore dell’uomo. Autorevoli sono soltanto le parole di chi è credibile, perché dice ciò che è, ed è ciò che dice: quando cioè il messaggero ed il messaggio coincidono. Anche noi, se non vogliamo essere testimoni che nessuno ascolta, in quanto non convincenti, dobbiamo prima di tutto vivere, diventare Vangelo. Spesso i testimoni silenziosi sono più efficaci e autorevoli di coloro che parlano. Gesù legge L’Antico Testamento e lo dichiara compiuto. Gesù parla dell’”oggi” di Dio. E l’”oggi” è salvezza. Lo dimostrano subito i fatti. 

    C’era un uomo posseduto da uno spirito impuro. L’uomo di Cafarnao frequenta il luogo sacro, recita le benedizioni e le preghiere dell’Israelita, ha le sue devozioni, eppure in lui abita un demone.

    Era nella sinagoga e nessuno se ne era mai accorto. Il demonio non si sentiva a disagio con gli osservanti del sabato, con i soliti maestri che annunziavano la futura salvezza, ora però si sente sconvolto dalla salvezza che si rivela in Gesù: capisce che la sua rovina è giunta. Gesù mostra che Dio è liberatore, che combatte contro tutto ciò che imprigiona l’uomo. I demoni se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci?  Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire prigioni, distruggere questo regno ingannatore degli uomini, che spesso sono genuflessi davanti a lui. E’ venuto a portare spada e fuoco contro tutto ciò che non è amore. Rovina il regno dei desideri sbagliati che si impossessano e divorano l’uomo: denaro, successo, potere, egoismi, paure, depressioni. Siamo credenti ad una condizione: se Cristo riesce a cambiare la nostra vita.

    A questi desideri, padroni del cuore, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui. Quando Gesù entra in scena, inizia la pace paradisiaca, il potere del male deve ritirarsi. Tace e se ne va questo mondo sbagliato. Va in rovina perché nasca un mondo nuovo, come aveva sognato Isaia: vanno in rovina le spade diventando falci, si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della creazione è l’uomo libero e amante. Possiamo diventarlo anche noi, se il Vangelo diventa passione e incanto.

    Il Vangelo è invito ad interrogarci seriamente sulla nostra vita: con Gesù ci opponiamo al male presente nell’umanità in tutte le sue forme? Come Gesù portiamo aria di libertà, briciole di liberazione da ciò che reprime e soffoca l’umanità: maschere e paure?  Padre Turoldo diceva: “Cristo, mia dolce rovina, gioia e tormento tu sei! Impossibile amarti impunemente. Dolce rovina, Cristo, che rovina in me tutto ciò che non è amore, impossibile amarti senza pagarne il prezzo in moneta di vita! Impossibile amarti e non cambiare vita e non gettare dalle braccia il vuoto che non accresce gli orizzonti che respiriamo”.

     Gesù appare come il Signore per il suo insegnamento, per la paura che infonde allo spirito impuro, per l’autorità con cui comanda. Basta la sua parola e il demonio fugge. Davvero il Regno di Dio si è fatto vicino. Ora la salvezza è possibile. Il racconto termina con lo stupore e la paura di fronte alla grande autorità di Gesù.La fama si diffonde ovunque. Non è Gesù che annuncia: Sono gli altri che annunciano ovunque l’inizio del Vangelo di Gesù. È il compito che oggi viene affidato a noi.

  • CONVERTIRSI È GIRARSI VERSO LA LUCE – Mc 1,14-20

    Parrocchia di Fontane
    Parrocchia di Fontane
    CONVERTIRSI È GIRARSI VERSO LA LUCE – Mc 1,14-20
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    Vangelo

    4Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».Chiamata dei primi quattro discepoli

    16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

    Commento

    Giovanni esce di scena. “Dopo che Giovanni fu arrestato” (tradito – consegnato): parole che annunciano quello che accadrà a Gesù. Poi, in poche righe, Marco ci presenta un incalzare di avvenimenti: Giovanni arrestato, Gesù che ne prende il testimone, la Parola che non si lascia imprigionare, Gesù che cammina, e poi strade, lago, barche, pescatori …

    Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio. Gesù, come raggiunto da una forza misteriosa, non solo lascia la casa, la famiglia, ma anche, sembra, una regione, la Giudea. La Giudea era il cuore della vita di Israele: il centro delle tradizioni era Gerusalemme con il suo tempio, la presenza dei sacerdoti per il culto, i farisei e i sadducei per l’interpretazione della “Legge”. Gesù aveva passato un po’ di tempo nei luoghi attorno al Mar Morto, luoghi che ricordavano, con i vari santuari, i momenti significativi della storia del popolo d’Israele.

    Gesù ora, tornando in Galilea, si stacca decisamente dal modo di vivere dei vari gruppi religiosi lì presenti, soprattutto da quelli che avevano accolto la predicazione di Giovanni Battista. Giovanni invitava alla conversione per prepararsi all’imminente giudizio di Dio. Il pentimento e il battesimo erano il segno di questo cammino di preparazione.

    Gesù inoltre sceglie uno stile di vita nuovo, profondamente diverso da prima. Una vita di perenne insicurezza e instabilità: un profeta in continuo cammino. La sua casa è la strada.

    La predicazione di Gesù è subito un invito a vivere un tempo di gioia. La salvezza, e con essa, la remissione dei peccati, viene offerta a tutti, indipendentemente dai meriti di ciascuno. Chiede di essere accolto con fiducia, non di prepararsi rigorosamente. La prima risposta infatti è la fede. Dopo aver accolto con fede l’annuncio della buona novella, viene il cammino di conversione. Gesù infatti, a differenza del carattere ascetico e severo della predicazione di Giovanni, invita a vivere un tempo di gioia. Il suo è il tempo della misericordia, non della severità di Dio; quello della gioia, non del timore; della festa, non della penitenza. 

    C’è dunque una bella notizia che inizia a correre per la Galilea ed è questa: il tempo è compiuto, il Regno di Dio è qui. Nasce e viene alla luce il Regno di Dio. Gesù non spiega cos’è il Regno, lo mostra con il suo agire: libera, guarisce, perdona, toglie le barriere, ridona pienezza di relazione a tutti. Il Regno è guarigione dal male di vivere, fioritura della vita in tutte le sue forme. Mentre camminava, Gesù proclamava il Vangelo di Dio: Dio è come una bella notizia. L’esperienza gioiosa dell’avvento del Regno mette in secondo ordine tutto il resto. E’ con la fede che si accoglie l’annuncio di Gesù e si diventa suoi discepoli. L’invito è vivere subito il Regno di Dio, in quanto con la persona di Gesù, il Regno di Dio è già presente.

    Convertirsi. La conversione che Gesù domanda è profondamente diversa da quella di Giovanni, che domandava un rispetto assoluto e un’osservanza rigorosa della legge. Gesù domanda che già fin d’ora si viva l’etica del Regno di Dio: essere una comunità che vive nel mondo, ma non è del mondo, perché vive secondo regole che non sono quelle del mondo, perché l’accoglienza del Regno le ha radicalmente superate. La conversione è un vero capovolgimento di mentalità. E’ essere otri nuovi che accolgono il vino nuovo. Possiamo immaginare la conversione come il moto del girasole, che alza la corolla ogni mattina all’arrivo del sole, che si muove verso la luce. Gesù sembra dire: giratevi verso di me, perché la luce è già qui. E’ possibile la felicità, la costruzione di un mondo nuovo, e io ne conosco il segreto. La conversione allora non è un’esigenza morale, ma un accorgersi che si è sbagliato strada, che la felicità è altrove.

    Potremmo interrogarci sul nostro modo di intendere la conversione: è come quella proposta da Giovanni Battista o come quella proposta da Gesù? Cerchiamo di non dare troppo frettolosamente la risposta. 

    Credere nel Vangelo. Buttatevi dentro, immergetevi la vita, e da essa fate emergere le scelte. Ogni mattina, al risveglio devo fare memoria di questa bella notizia: Dio è più vicino oggi di ieri, è all’opera nel mondo, lo sta trasformando. Inizio la giornata non con gli occhi bassi fissi sui problemi da affrontare, ma sollevandoli verso la luce, verso il Signore che mi dice: sono con te, non ti lascio più, ti voglio bene.

    La chiamata. Nel racconto emerge che l’iniziativa è totalmente di Gesù, un suo appello gratuito. Gesù cammina senza fretta e senza ansia, cammina dentro la vita quotidiana, guarda e chiama quattro pescatori ad andare con Lui. La chiamata comporta uno sradicarsi, un distacco. C’è un’urgenza di risposta (subito”). Il discepolo è chiamato a seguire Gesù: non una dottrina, ma una persona, con il suo modo di vivere. 

    Vi farò pescatori di uomini. Questa è la prospettiva per il futuro: pescatori di umanità, del bello che ogni persona porta nel cuore. La tirerete fuori dall’oscurità, come un neonato dalle acque materne, la tirerete fuori da quel mondo che è senza ossigeno, la porterete dalla vita sommersa alla vita nel sole. Dio guarda anche dentro di noi e, in quello che sembra solo inverno, vede il grano che sta germinando, intuisce una generosità che non sapevamo di avere, vede un tesoro sepolto.

    I quattro pescatori seguono Gesù, perché sentono che di Lui si possono fidare. La sequela non è mai uno stare fermi, ma un camminare, un uscire da se stessi verso la missione. Anche a ciascuno di noi Gesù dice: segui me. La nostra risposta è affidarsi a Lui che precede anche la nostra missione e ci accompagna.