Categoria: Testimoni della Vera Speranza

  • LA NOSTRA SPERANZA TRA LA PROMESSA DI DIO E L’INCOMPIUTEZZA DELLA VITA (21)

    Nella storia di Israele, il passato di liberazione di Dio e il futuro di un’appartenenza speciale di popolo di Dio si fondono nell’obbedienza concreta del popolo ai Comandamenti. La salvezza non è mai ancora definitivamente realizzata, ma solo attesa.

    Così la nostra speranza nella certezza della salvezza, è messa alla prova mentre si vive la concretezza delle tribolazioni, l’incompiutezza della nostra vita con la mancanza di libertà, le sopraffazioni, le malattie, la morte. Qualcuno si rifugia nella possibilità di un futuro storico sociale migliore. Ma l’ambiguità della storia mette in crisi questa speranza.

    La speranza cristiana invece va oltre la morte, è una speranza di vita, del compimento di questa vita, non di un’altra vita verso la quale fuggire. Questa speranza oltre la morte non deve dunque produrre disprezzo nei confronti dei beni presenti, ma ci chiede apprezzamento, gratitudine e soprattutto dedizione alla promozione dei beni presenti, pur nella lucida e sobria consapevolezza del limite e della morte.

    La costanza e la pazienza nella prova purificano la nostra stessa fede. La speranza in Dio ci consente di accettare questo rischio (e spesso più del rischio): perdere noi stessi, nel dono continuo dell’amore, certi che, pur apparendo la nostra vita una perdita, noi non solo continuiamo a camminare, ma giungeremo alla patria sconosciuta della nostra esistenza. Questa è l’ambiguità della storia che siamo chiamati a vivere e che continuamente ci chiede di purificare la nostra speranza. 

  • IL DESIDERIO DELL’UOMO ILLUMINATO DALLE PROMESSE DI DIO (20)

    La nostra speranza è attesa buona verso il futuro, in quanto deriva dall’opera di salvezza di Dio realizzata in Cristo Gesù. Non è frutto delle opere, ma della grazia di Dio. Questa è l’esperienza che ognuno di noi è chiamato a vivere. 

    Dio, partendo, dai nostri desideri, ci annuncia le sue promesse. Sollecitati da queste promesse noi ci mettiamo in cammino, ci distacchiamo dal presente, ci lasciamo attrarre dall’attesa, vivendo nella speranza. L’uomo è tentato ad assicurarsi autonomamente il proprio futuro. La storia però gli insegna che questo futuro si realizza perché fondato sulla Parola di Dio e le sue promesse.

    Questa verifica ci è proposta spesso dalla Parola di Dio, quando ci racconta dei momenti cruciali della storia del popolo d’Israele, dove Dio interviene nelle sue vicende.

    • La troviamo, come modello di tutte le esperienze, nella storia di Abramo: Dio promette una terra e una discendenza, con il comando di mettersi in cammino. Le attese umane di Abramo sono illuminate dal futuro promesso da Dio: Abramo ha fiducia in queste promesse e parte.
    • Lo troviamo nel popolo d’Israele con Mosè: il grido di dolore di un popolo in schiavitù si trasforma in preghiera inconsapevole: è il sogno di liberazione dagli Egiziani e di un paese bello e spazioso, dove scorre latte e miele.
    • Il nome stesso di Dio, Jahvè, è invito a guardare ad un futuro agire di Dio, come compimento della promessa presente.

    La salvezza però non è mai ancora definitivamente realizzata, ma continua a rimanere attesa. Come vivere l’attesa del manifestarsi di questo compimento delle promesse? Ne parleremo giovedì prossimo.

  • L’orizzonte dell’eternità illumina il nostro oggi di speranza

    Seguire Gesù è vivere ogni attimo del tempo nell’orizzonte dell’amore con cui Dio ci ama in Gesù e vuole essere amato da noi in lui e con lui. Le dodici ore del giorno sono vissute pienamente, quando sono vissute nella speranza. La speranza è l’anticipazione delle cose future promesse e donate dal Signore, che ha avuto tempo per l’uomo. Il domani di Dio viene a prendere corpo nel presente degli uomini. L’oggi dunque si apre all’orizzonte dell’eternità e l’eternità viene a mettere la sua tenda nell’oggi. Il tempo, che non ci basta mai, che è sempre troppo poco, diviene ora tempo favorevole, l’oggi della salvezza, momento gustato nella pace. “Noi fin d’ora siamo figli di Dio … saremo simili a Dio, lo vedremo com’egli è” (1Gv 3,2)

    Dio a poco a poco ha rivelato a quale futuro di felicità chiama le persone. Si è partiti, nella storia di Israele, con Abramo: la promessa di una terra e di una discendenza. Israele per molto tempo ha vissuto la speranza come ricerca e possesso di beni terreni “la terra dove scorre latte e miele” (Es 3,8.17) e tutte le forme di prosperità. Le benedizioni di Dio sono concentrate sui beni terreni, anche se i profeti invitano a cercare una speranza migliore. A volte questo futuro di speranza è cercato senza Dio e concentrato sui beni temporali. Gesù, proclamando l’avvento del Regno, invita a cercare una realtà spirituale, accessibile solo alla fede.

    La fede garantisce la realtà di questo futuro. Così noi, radicati nella fede, mettiamo la nostra fiducia in Dio. A noi sarà dato il cuore di Dio e allora ameremo con il cuore stesso di Dio. Il passaggio all’eternità non sarà altro che la manifestazione tranquilla di una realtà che già esiste. La speranza cristiana non è altro che il desiderio ardente di un amore che ha fame della presenza del Signore. Dio desidera essere desiderato.

    Questa passione per Dio nasce dall’aver scoperto la bellezza di Cristo, colui che fa viva la vita. C’è da rabbrividire all’idea di non aver nulla da aspettarsi, se non un’esistenza in cui ripetere quello che sempre abbiamo fatto.

    Qual è l’orizzonte della nostra speranza: è nei beni di questo mondo o in questo cammino verso il futuro? Qual è il nostro desiderio più forte, che cosa cerchiamo, che cosa sogniamo? 

  • Il disordine toglie il respiro alla speranza, creando un senso di confusione

    Il pericolo, oggi, è che la nostra vita sia tutta regolata dalle urgenze, dal telefonino, da internet, dalle chiamate degli altri. Si corre il rischio di svuotarsi. Abbiamo bisogno di bivacchi nel cammino della vita, altrimenti viviamo esistenze parallele: una esteriore in cui ci mostriamo sicuri di noi, disinvolti, seri, comunicativi, ricchi di hobby; una interiore ben nascosta, piena di insicurezze, ansie, inquietudini. Abbiamo in particolare bisogno di ascoltare la Parola di Dio, che è in grado di rigenerare il nostro umore e le nostre energie consumate dalla dispersione.  

    Bisogna mettere ordine negli impegni delle nostre giornate, mettendo al primo posto le cose che riteniamo veramente valide.

    Bisogna mettere ordine nei propri interessi, riflettendo sul pericolo dell’assuefazione, del passare da una sollecitazione all’altra, da una curiosità all’altra. A volte ci è chiesto di rompere con certe abitudini.

    Bisogna mettere l’avvento del Regno di Dio in noi e attorno a noi al primo posto nella gerarchia dei valori. Allora tutto viene utilizzato da noi per raggiungere quel fine, il resto è un “sovrappiù”. Guidati dallo Spirito Santo siamo chiamati a riportare a vera unità, ogni avvenimento della nostra vita, che nel tempo pare disperso nella molteplicità.

    Il tempo è sempre breve, urgente, anche perché il mondo cambia velocemente intorno a noi. Saggezza è vivere ogni giorno da pellegrini, da nomadi che ogni mattina levano la tenda e ogni sera la ripiantano, finché ci sarà data una dimora per sempre. Il pericolo è quello di vivere come gente arrivata, sistemata, che ha messo in questo mondo le sue radici come se non dovesse mai più andare via. 

  • Il perdono colora di divino la nostra speranza

    La nostra vita di amore: “con tutto il cuore, l’anima, la mente, le forze...”, ci domanda di andare oltre la giustizia, alla riconciliazione e al perdono. Questa è la testimonianza più difficile, perché, per Dio, nessuno è mai perduto per sempre e nuovi inizi non solo sono possibili, ma è l’esperienza che tutti siamo chiamati a vivere. Lo diciamo nel Padre nostro: “rimetti a noi i nostri debiti…”, cioè, di nuovo, ancora, un’altra volta. Ri = nessuno rinasce e rimane innocente, ma tutti lo diventeremo. La nostra vita va di inizio in inizio. L’innocenza non è qualcosa che si conserva, ma qualcosa che conquisteremo continuamente attraverso il perdono.

    Quante volte dobbiamo perdonare? Settanta volte sette. Sette è il numero della pienezza, dieci è il numero dell’infinito. Quindi la misura del perdono è: “pienezza moltiplicata per la pienezza, moltiplicata per l’infinito”, cioè senza misura (Mt 18,25-35).

       Facciamo la verifica della nostra misericordia. Noi perdoniamo, ma in un angolo della nostra memoria conserviamo un po’ di rancore, diventiamo diffidenti, non ci fidiamo più come prima. Spesso, pensando di essere a posto e aspettando la gratificazione degli altri, quando non arriva, rimane in noi un rancore, un’insoddisfazione. Tante volte sembriamo perdonare, ma conserviamo le offese come munizioni pronte per le prossima contesa.

       Guardiamo per imparare, lo stile di Gesù nel manifestare il perdono:

    1. Indifferenza totale verso il passato fallimentare e peccaminoso delle persone.
    2. Scuse, giustificazioni, attenuanti (“non sanno quello che fanno…”).
    3. Scommessa sul futuro della persona (“d’ora in avanti…”).

    Gesù non banalizza le colpe, ma riapre il futuro. Il possibile è più importante dell’esistente. Per rivelare la speranza, sono gli aspetti positivi della persona che rivelano la verità: quello che può diventare. Nel giudizio universale Dio ci chiederà conto di quanto bene abbiamo compiuto (mi hai consolato, mi hai visitato, sei venuto a trovarmi…). Perdonare allora è far ripartire la persona, come fa Dio con noi, verso il futuro. Dio continuamente ci offre possibilità nuove. Questo dovrebbe essere lo stile del nostro perdono, allora i nostri gesti si coloreranno di divino. Viviamo in noi l’esperienza del perdono di Dio, per diventare un po’ alla volta, anche noi capaci di fare altrettanto.

  • FAR CANTARE LA SPERANZA VIVENDO A SOMIGLIANZA DI DIO CREATORE

    È lo stile di vita che Dio creatore ha pensato per l’umanità, perché viva di speranza. Bisogna dar voce alle vere speranze, falle cantare con lo stile della nostra vita. Anche perché lo stile del testimone è sempre quello della proposta, del rispetto della persona, dove solo l’innamorarsi dell’ideale proposto, porta al cambiamento. Dio ci vuole creatori e ostinati nell’amore.

    In un mondo dominato dal denaro, dall’eccitazione continua, dal desiderio dello sfruttamento di ogni cosa, dalla volontà di dominio, da un’esistenza avida e narcisistica, noi, col nostro stile di vita, che continuamente guarda al modo di vivere di Cristo e alla sua parola (che giovano all’uomo le ricchezze …il mondo intero …)  siamo chiamati a sovvertire queste logiche per annunciare il Vangelo della speranza.

    Le persone oggi si battono con caparbietà per il superfluo, l’effimero: le cose, i viaggi, le vacanze, il vestito firmato, lo smartphone. E così il  contingente, l’effimero diventa più importante dell’essenziale. In un mondo che propone la “cultura delle cose”, come scorciatoia della felicità, noi siamo chiamati con la vita a ricordare la contraddizione tra l’essenziale e il superfluo, a separare l’effimero dal necessario, tra ciò che è eterno e ciò che è caduco. Il mondo sta morendo, compresa la gioia, per le troppe cose, muore di sazietà. Questa vita minacciata interessa anche Dio, che ci ha fatto dono della terra, per assicurare la vita a tutti. Non esiste felicità vera se non è di tutti. Gesù è morto in croce per donare a tutti la vita. L’amore è dono. Noi non possediamo la vita, ma la riceviamo. Nel momento in cui non la doniamo, la vita muore. La vita si alimenta , se donata. La nostra vita deve essere illuminata dalla solidarietà. 

    In un mondo preoccupato dell’accumulo, non esiste mai il superfluo. Lo diciamo nel Padre nostro: dacci il pane necessario, quello sufficiente giorno dopo giorno. Il pane che noi mangiamo si riempie di speranza quando lo spezziamo, rendendo presente Gesù, come nel gesto di Emmaus. 

    Signore, liberaci dalle nostre ansie di vivere, dai desideri inutili e rendici capaci di donare il pane, la vita, la gioia, perché per questo ci hai creati: continuare la creazione, rivelando l’amore di Dio Padre, che ama immensamente il nostro mondo. 

  • TESTIMONI DELLA VERA SPERANZA 14 – ASPETTARE L’IMPOSSIBILE

    Se non aspettiamo l’impossibile, non lo raggiungeremo mai.

    L’angelo Gabriele, nell’Annunciazione, ha detto a Maria: “Nulla è impossibile a Dio”. 

    E così il Figlio di Dio si è fatto bambino, ha avuto bisogno di latte, ha pianto come tutti i bambini… fino ad essere corpo torturato, inchiodato sulla croce.

    La speranza nel futuro è fede nell’impossibile. Guardiamo alcune pagine del Vangelo. (Mc 3). Gesù invita l’uomo dalla mano inaridita: “stendi la mano”. L’uomo non risponde: “ma è impossibile, non ci riprovo neanche”. Invece “fece così”: ci provò, tentò l’impossibile e la sua mano fu guarita. 

    Così Saulo, il persecutore, incredibilmente diventa Paolo, il più grande diffusore del Vangelo. Così la prostituta si trasforma in una donna annunciatrice di Gesù risorto. Così Lazzaro, che ode la voce dal buio di una grotta, ed esce fuori.

    Guardiamo al modo di comportarsi di Gesù con le persone. Ascoltiamo le sue indicazioni impossibili riguardo all’amore: “amate i vostri nemici”. Pensiamo all’impossibile che viviamo nell’esperienza del perdono dei peccati. Quando Dio perdona, il male in noi non esiste più, né esiste in nessun luogo, neppure nella memoria di Dio. Liberiamoci da un’idea immorale di Dio, quando pensiamo che gli archivi di Dio siano pieni dei nostri peccati, che Dio tirerà fuori nel giorno del giudizio. Nel perdonarci, Dio fa un atto di fede in noi e di speranza nel nostro futuro: vede un futuro buono. Se continuiamo a fissare i nostri pensieri sui peccati, mettiamo al centro noi stessi. Guardiamo la nostra vita con gli occhi di Dio e poi agiamo.

      È questo il volto di Dio presente in noi? Guardando al modo di agire di Gesù che credeva nell’impossibile, siamo capaci di fare altrettanto nei confronti soprattutto di chi ha una vita fallimentare? Dio ci perdona, non come un colpo di spugna sul passato, ma come uno innamorato del nostro futuro. E’ così anche il nostro perdono, che si preoccupa delle strategie da mettere in atto perché le persone realizzino questo futuro?Entro domani sera (venerdì), mandate delle brevissime preghiere, in forma di ringraziamento o di domanda, esprimendovi più o meno così: “In questa settimana, illuminato dallo Spirito Santo, vorrei ringraziare Dio Padre per… nella preghiera vorrei chiedere…”

  • TESTIMONI DELLA VERA SPERANZA 13 – GUARDARE CON L’OCCHIO DEL CONTADINO

    Vorremmo concludere questa sera questo intenso cammino di riflessione sul tema della speranza, che ha trovato risposta gioiosa, risonanze significative che ci siamo comunicati, in un dialogo sincero e carico di fede.

    Abbiamo scoperto nel Vangelo che sono felici solo quelli che: ascoltano la Parola di Dio e la vivono ogni giorno. E questo domanda tempo, verifiche, fatiche, preghiera…

     Per continuare uniti, pensiamo, a cominciare dalla prossima settimana, di organizzarci così:

    –  Al martedì sera, invieremo la riflessione scritta sul Vangelo della domenica (sempre quella successiva). Allarghiamo a chi vuole, l’esperienza dell’Ascolto della Parola di Dio, in attesa anche di poterlo rivivere insieme.

    –   Al giovedì alle 19.15, il video messaggio continuando le riflessioni sul tema della speranza.

    –    Raccoglieremo fino a venerdì sera, le risonanze interiori, per trasformarle in preghiera, da rivolgere a Dio nella celebrazione della S. Messa della domenica. L’Eucarestia è il nostro ringraziamento a Dio Padre, attraverso l’offerta del sacrificio di Cristo, a cui è unita la nostra vita e la nostra storia.

    Chi desidera, molto brevemente, è invitato a esprimersi più o meno così: 

    In questa settimana, illuminato dallo Spirito Santo,

    – vorrei ringraziare Dio Padre per …

    – nella preghiera vorrei chiedere …

    Uniremo tutte le preghiere per la celebrazione della S. Messa della domenica. Ve le manderemo sabato sera, in modo che le facciate vostre. 

    Esprimete la vostra opinione su tutto questo, su queste scelte …

    Ora un ultimo pensiero, che diventa preghiera. Chiediamo a Dio di aver l’occhio del contadino nel guardare la storia con speranza. L’occhio profano vede un campo di zolle aride, l contadino invece, vede che fra poco arriverà il germoglio e il frutto. Siamo invitati a vedere i virgulti di speranza della nostra storia. Non dimentichiamo:  La speranza viene a noi con piccole e povere cose, non con i bagliori di improvvisi prodigi. Viene con quella semplicità che hanno tutte le cose più essenziali e necessarie, l’aria, la luce, l’acqua, il respiro. Viene come germoglio in cui pulsa la forza dell’albero alto. (E. Ronchi)

  • TESTIMONI DELLA VERA SPERANZA 12 – COSTRINGERE IL MALE AL SERVIZIO DEL BENE

    Noi sappiamo che tutto concorre al bene per quelli che amano Dio. Il progetto di Dio è costringere il male a servire il bene, compreso il peccato. (Is 53,5: per le piaghe di uno solo giusto, noi tutti siamo guariti. 

      Dio ama la vita di ciascuno di noi, più della nostra fedeltà e coerenza. E’ il bene che ha la forza di trascinare con sé verso l’alto, il male. Il buon grano conta più di tutte le erbacce del campo. Se noi viviamo da giusti, diventiamo salvaguardia dell’umanità. I giusti sono la riserva di speranza per la nostra storia, i buoni trascinano la terra verso la vita.

      Per sperare, bisogna essere molto felici, non essere come Shakespeare che scriveva: La vita non è che una favola sciocca raccontata da un idiota che si agita sulla scena, piena di rumore e di furore, ma che non significa nulla. Noi vogliamo dare senso alla vita.

      Ogni persona deve fare la sua ricerca per trovarlo: L’uomo, per essere felice, deve donare. (Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito (Gv 3,16). Viviamo, se siamo datori di vita. Il Regno di Dio è la terra come Dio la sogna. 

      Guardiamo come Gesù si avvicinava ad ogni persona: faceva sue le piccole speranze che avevano (la suocera di Simone a letto con la febbre, la donna curva, l’uomo dalla mano inaridita, la paura di Nicodemo  che va da Gesù di notte). Anche noi siamo chiamati a captare le piccole speranze ben presenti in tante persone: degli anziani, di chi è solo, degli immigrati, per dare il nostro aiuto in modo che si realizzi un piccolo benessere atteso, un piccolo miglioramento sognato. La vita promessa non è estranea alle promesse di vita. 

      La fragilità diventa così opportunità di speranza. La cura di Gesù: a queste situazioni di fragilità e incompiutezze sapeva dare speranza, passando attraverso la debolezza, con la forza dell’amore. Anche la nostra cura dovrà essere passione e vero amore, come avete già sottolineato anche voi. Così tutto concorrerà al bene. Saremo più forti di qualsiasi sofferenza e soprattutto delle realtà negative presenti nella nostra storia. Il nostro servizio è che tutto concorra al bene.

  • TESTIMONI DELLA VERA SPERANZA 11 – OGNI GIORNO SVEGLIARE LA SPERANZA

    Molte persone vedono nell’oggi un senso di smarrimento, l’assenza di punti di riferimento, di apertura al futuro. La più grande epidemia del nostro tempo è la superficialità, condizionata soprattutto dall’enorme potere della televisione e dei mass media , che mostrano senza approfondire. Ci si impantana nel groviglio del presente, non si guarda al filo rosso della storia che è saldo nelle mani di Dio e che ci dà la certezza che tutto avrà un esito positivo. Pensiamo a Martin Lhuter King: “Io ho un sogno”, ed è sorta una nazione diversa.
    Il senso della crisi è lasciare cadere la pelle vecchia, perché non risponde più, e indossare una pelle nuova, un nuovo volto. Quell’inizio quell’annuncio di novità proclamato dai profeti, dove Dio penetrando nelle crepe della terra, dà inizio ad una storia nuova.
    Ma come far emergere il nuovo? E’ il futuro che dà ordini al presente. Guardiamo il grano: spunta, non perché il contadino ha fatto benne il suo lavoro, ma perché è come attratto dalla spiga futura. Se noi pensiamo: quello che è successo oggi, è come quello che è successo ieri, e così succederà anche domani, non stiamo vivendo di speranza. La speranza ci dice quello che siamo chiamati a fare dentro qualsiasi situazione. Non è ottimismo (tutto andrà bene), ma la certezza di un futuro ben saldo, perché è nelle mani di Dio.
    Noi siamo coloro che non hanno finito di essere creati, siamo ancora nelle mani di Dio che continuamente ci trasforma. Immaginiamo, perché a volte ci troviamo così, di essere come un’anfora spezzata. Dio è il vasaio capace non solo di riparare, di reimpastare la creta, trasformando, ma Dio non butta mai via niente. E anche quei cocci che sembrano inutili, lui li prende, li dispone in modo diverso, perché attraverso di essi scorra l’acqua. Riprende ciò che è rotto per farne un canale.
    Dio crede che la nostra storia, la nostra vita è un cammino di salvezza. Dio crede che per tutti c’è la possibilità di una vita bella, buona, gioiosa. Questa è la speranza che ogni giorno siamo chiamati a diffondere intorno a noi. Come realizzare questo servizio, di cui l’umanità ha estremo bisogno?