Autore: Parrocchia di Fontane

  • CONVERTIRSI È GIRARSI VERSO LA LUCE – Mc 1,14-20

    Parrocchia di Fontane
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    CONVERTIRSI È GIRARSI VERSO LA LUCE – Mc 1,14-20
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    Vangelo

    4Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».Chiamata dei primi quattro discepoli

    16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

    Commento

    Giovanni esce di scena. “Dopo che Giovanni fu arrestato” (tradito – consegnato): parole che annunciano quello che accadrà a Gesù. Poi, in poche righe, Marco ci presenta un incalzare di avvenimenti: Giovanni arrestato, Gesù che ne prende il testimone, la Parola che non si lascia imprigionare, Gesù che cammina, e poi strade, lago, barche, pescatori …

    Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio. Gesù, come raggiunto da una forza misteriosa, non solo lascia la casa, la famiglia, ma anche, sembra, una regione, la Giudea. La Giudea era il cuore della vita di Israele: il centro delle tradizioni era Gerusalemme con il suo tempio, la presenza dei sacerdoti per il culto, i farisei e i sadducei per l’interpretazione della “Legge”. Gesù aveva passato un po’ di tempo nei luoghi attorno al Mar Morto, luoghi che ricordavano, con i vari santuari, i momenti significativi della storia del popolo d’Israele.

    Gesù ora, tornando in Galilea, si stacca decisamente dal modo di vivere dei vari gruppi religiosi lì presenti, soprattutto da quelli che avevano accolto la predicazione di Giovanni Battista. Giovanni invitava alla conversione per prepararsi all’imminente giudizio di Dio. Il pentimento e il battesimo erano il segno di questo cammino di preparazione.

    Gesù inoltre sceglie uno stile di vita nuovo, profondamente diverso da prima. Una vita di perenne insicurezza e instabilità: un profeta in continuo cammino. La sua casa è la strada.

    La predicazione di Gesù è subito un invito a vivere un tempo di gioia. La salvezza, e con essa, la remissione dei peccati, viene offerta a tutti, indipendentemente dai meriti di ciascuno. Chiede di essere accolto con fiducia, non di prepararsi rigorosamente. La prima risposta infatti è la fede. Dopo aver accolto con fede l’annuncio della buona novella, viene il cammino di conversione. Gesù infatti, a differenza del carattere ascetico e severo della predicazione di Giovanni, invita a vivere un tempo di gioia. Il suo è il tempo della misericordia, non della severità di Dio; quello della gioia, non del timore; della festa, non della penitenza. 

    C’è dunque una bella notizia che inizia a correre per la Galilea ed è questa: il tempo è compiuto, il Regno di Dio è qui. Nasce e viene alla luce il Regno di Dio. Gesù non spiega cos’è il Regno, lo mostra con il suo agire: libera, guarisce, perdona, toglie le barriere, ridona pienezza di relazione a tutti. Il Regno è guarigione dal male di vivere, fioritura della vita in tutte le sue forme. Mentre camminava, Gesù proclamava il Vangelo di Dio: Dio è come una bella notizia. L’esperienza gioiosa dell’avvento del Regno mette in secondo ordine tutto il resto. E’ con la fede che si accoglie l’annuncio di Gesù e si diventa suoi discepoli. L’invito è vivere subito il Regno di Dio, in quanto con la persona di Gesù, il Regno di Dio è già presente.

    Convertirsi. La conversione che Gesù domanda è profondamente diversa da quella di Giovanni, che domandava un rispetto assoluto e un’osservanza rigorosa della legge. Gesù domanda che già fin d’ora si viva l’etica del Regno di Dio: essere una comunità che vive nel mondo, ma non è del mondo, perché vive secondo regole che non sono quelle del mondo, perché l’accoglienza del Regno le ha radicalmente superate. La conversione è un vero capovolgimento di mentalità. E’ essere otri nuovi che accolgono il vino nuovo. Possiamo immaginare la conversione come il moto del girasole, che alza la corolla ogni mattina all’arrivo del sole, che si muove verso la luce. Gesù sembra dire: giratevi verso di me, perché la luce è già qui. E’ possibile la felicità, la costruzione di un mondo nuovo, e io ne conosco il segreto. La conversione allora non è un’esigenza morale, ma un accorgersi che si è sbagliato strada, che la felicità è altrove.

    Potremmo interrogarci sul nostro modo di intendere la conversione: è come quella proposta da Giovanni Battista o come quella proposta da Gesù? Cerchiamo di non dare troppo frettolosamente la risposta. 

    Credere nel Vangelo. Buttatevi dentro, immergetevi la vita, e da essa fate emergere le scelte. Ogni mattina, al risveglio devo fare memoria di questa bella notizia: Dio è più vicino oggi di ieri, è all’opera nel mondo, lo sta trasformando. Inizio la giornata non con gli occhi bassi fissi sui problemi da affrontare, ma sollevandoli verso la luce, verso il Signore che mi dice: sono con te, non ti lascio più, ti voglio bene.

    La chiamata. Nel racconto emerge che l’iniziativa è totalmente di Gesù, un suo appello gratuito. Gesù cammina senza fretta e senza ansia, cammina dentro la vita quotidiana, guarda e chiama quattro pescatori ad andare con Lui. La chiamata comporta uno sradicarsi, un distacco. C’è un’urgenza di risposta (subito”). Il discepolo è chiamato a seguire Gesù: non una dottrina, ma una persona, con il suo modo di vivere. 

    Vi farò pescatori di uomini. Questa è la prospettiva per il futuro: pescatori di umanità, del bello che ogni persona porta nel cuore. La tirerete fuori dall’oscurità, come un neonato dalle acque materne, la tirerete fuori da quel mondo che è senza ossigeno, la porterete dalla vita sommersa alla vita nel sole. Dio guarda anche dentro di noi e, in quello che sembra solo inverno, vede il grano che sta germinando, intuisce una generosità che non sapevamo di avere, vede un tesoro sepolto.

    I quattro pescatori seguono Gesù, perché sentono che di Lui si possono fidare. La sequela non è mai uno stare fermi, ma un camminare, un uscire da se stessi verso la missione. Anche a ciascuno di noi Gesù dice: segui me. La nostra risposta è affidarsi a Lui che precede anche la nostra missione e ci accompagna.

  • CHE COSA – CHI CERCHIAMO – Gv 1,35-42

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    CHE COSA – CHI CERCHIAMO – Gv 1,35-42
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    Vangelo

    Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
    40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» 42e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».

    Commento

    Siamo al terzo giorno della missione di Giovanni, testimone della Luce, che gioisce nel vedere due suoi discepoli seguire Gesù: è la gioia di chi si accorge di aver compiuto la sua missione. Potessimo anche noi avere gli occhi di Giovanni, capaci di scorgere Gesù che viene sempre più vicino a noi, in cerca di noi. 

    Giovanni condensa la missione di Gesù nelle parole: “Ecco l’agnello di Dio”. Parole che sentiamo riecheggiare in ogni Eucarestia verso di noi, che siamo il piccolo gregge di Cristo. Gesù è l’ultima vittima, perché non ci siano più vittime. L’ultimo ucciso innocente, perché nessuno sia più ucciso. Ecco la morte di Dio, perché non ci sia più morte.

    Che cosa cercate?” Sono le prime parole che Gesù rivolge ai due discepoli.

    Cercare: verbo che costituisce il filo rosso di ogni esistenza umana. Espressione che contrassegna tutti e quattro i vangeli. Eccone alcune esemplificazioni:

    • Erode vuole cercare il bambino per ucciderlo.
    • Tuo padre e io ti cercavamo in gran pena.
    • Tutti ti cercano.
    • I farisei cercavano un segno dal cielo.
    • Il regno dei cieli è simile ad un mercante che cerca.
    • Cercate il regno del Padre….

    Le espressioni più significative le troviamo in Giovanni, all’inizio e alla conclusione del Vangelo:

    • Gesù, voltatosi disse loro: “che cosa cercate?”. Siamo all’inizio della predicazione di Gesù.
    • Alle guardie, con la presenza anche di Giuda, Gesù dice: “Chi cercate?”.
    • A Maria Maddalena, Gesù risorto dice: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”.

    Il vangelo ci racconta questa ricerca di Gesù, nient’altro che questo, dalla sua nascita alla sua resurrezione. Osservando bene, ci accorgiamo che la domanda ha una significativa variazione, da “che cosa  cercate?” a “chi cercate?“. Ciò che cambia non è solo l’oggetto, ma anche la persona: dal plurale al singolare. Gesù non risponde direttamente, ma invita ad un “dove” in cui collocare la propria vita. 

    Dove dimori?” E’ la risposta più giusta: vogliamo conoscerti e rimanere con te:”Venite” e “vedrete”. Si apre un cammino lungo. La ricerca non è mai finita. Egli si manifesterà mentre progredisce la nostra storia, e noi conosciamo Gesù maestro che ci accompagna. Correttezza della sequela è porsi sulla strada giusta e percorrerla dovunque essa conduca. L’incontro avviene sempre in una esperienza diretta e personale. Non si incontra Dio per sentito dire. Dobbiamo sederci ai suoi piedi, ascoltare le parole che fanno vivere, come Maria di Betania. Si fermarono fino a sera: anche noi lo incontreremo solo se ci fermiamo, se prenderemo del tempo per l’ascolto di quelle domande  che fanno viva finalmente la vita. Cercare, dimorare, venire, vedere, piangere è il cammino di tutta la vita in un dialogo che non ha più bisogno di tante parole.

    Ricordiamo che la primissima domanda è: “Che cosa cercate?”. Prima di concentrarsi su una persona, su Gesù stesso, la ricerca deve fermarsi su: cosa ci brucia nel cuore, cosa attendiamo, cosa desideriamo, per che cosa vale la pena di vivere e di morire? Socrate diceva. “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta dall’uomo”.

    Il che cosa però non basta mai, ha necessità di un volto, che però va sempre ri-motivato, ri-cercato, ri-compreso, attraverso la vita, di un senso mai definitivo, quando lo si percorre insieme. Non basta dire di voler seguire Gesù, occorre anche comprendere quale Gesù stiamo seguendo. E’ il Gesù che ci aspettiamo, quello che assicura? O il Gesù dei Vangeli? Il Gesù dei Vangeli spiazza costantemente quelli che lo seguono, ponendo domande e dando risposte che lo collocano sempre là dove non lo si aspetterebbe. Occorre allora restare con Gesù, dimorare dove Lui dimora. Come ogni rapporto di amore, bisogna continuamente cercarLo e interrogarsi su cosa ci spinge a cercarlo. Lo si può cercare solo per i vantaggi temporali, per riuscire in un affare, difficilmente si cerca Gesù per Gesù. Bisogna cercarlo dove Lui si lascia cercare e trovare.

    Ricordiamoci che dobbiamo lasciarci cercare da Lui, in un dialogo infinito. Le due domande allora: “cosa cercate e chi cerchi” sono come due punti di domanda piantati nel nostro cuore di cercatori che non si arrendono mai. Rientriamo in noi stessi e chiediamoci: cosa desidero di più dalla vita? Che cosa mi manca: salute, denaro, speranza, tempo per vivere, amore, senso della vita, opportunità per dare il meglio di me …? Il Vangelo ci dice: beati gli insoddisfatti perché saranno cercatori di tesori, mercanti di perle. In questa maniera Gesù ci conduce dal superficiale all’essenziale. E là dove nascono i sogni partirà il nostro cammino che ci porterà a scoprire il volto di Gesù e a incontrarlo. Il desiderio di conoscere Gesù nasce da una testimonianza, ma non si incontra Dio per sentito dire.

  • BATTESIMO, NASCERE DI NUOVO E CON UN Dna DIVINO – Mc 1,7-11

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    BATTESIMO, NASCERE DI NUOVO E CON UN Dna DIVINO – Mc 1,7-11
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    Vangelo

    7e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». 9In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. 11E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».

    Commento

    Il messaggero Giovanni precede Gesù, il Signore. Lui è voce. Bisogna convertirsi, cambiare mentalità, farsi battezzare per aprirsi al perdono di Dio. Giovanni prepara il popolo ai tempi dello Spirito, che iniziano con Gesù di Nazaret, l’uomo depositario dello Spirito.

    Questo brano che ricorda il battesimo di Gesù, si apre con due affermazioni di Giovanni Battista: “dopo di me, viene Colui che è più forte di me: io vi battezzo nell’acqua, ma Egli vi battezzerà in Spirito Santo”. La predicazione del Battista è tutta racchiusa nella funzione di attirare l’attenzione su Gesù.

    Un racconto d’acque, come tante scene di salvezza, nella bibbia, come la stessa origine del mondo: in principio lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, una grande colomba in cova su di un mare gonfio di vita inespressa. Come il creato, anche l’esistenza ha inizio nell’acqua del grembo materno.

    Gesù si fece battezzare: Gesù, l’uomo di Nazaret, compare in scena la prima volta, uomo dalle umili origini, pienamente solidale con quella schiera di peccatori che vuole romperla con il passato, per convertirsi e aprirsi a Dio. Gesù si abbassa, si umilia e chiede il battesimo. La vita di Gesù è concepita come una via di solidarietà nei confronti degli uomini peccatori. Non si estranea dalla storia del suo popolo, ma solidarizza con esso e la assume. La logica della solidarietà e condivisione guiderà tutta la sua esistenza fino alla sua morte “in riscatto per molti”. 

    Ma alla umiliazione fa seguito l’esaltazione: Lui è l’amato Figlio di Dio. “Mentre saliva… lo Spirito che discendeva”. Il cielo si lacerò, si squarciò, si spezzò. Il sogno dei profeti si realizza. Da questo cielo aperto viene come colomba, la vita stessa di Dio, il suo respiro, con la forza trasformatrice della vita, che d’ora in avanti dovrà essere vissuta facendo del bene a tutti, accendendo, aprendo spazi di cielo sereno. Il cielo e la terra si ricongiungono attraverso i cieli squarciati. Il battesimo di Giovanni non dava però lo Spirito. Ma ora è presente Colui che possiede lo Spirito, Gesù di Nazaret. Mentre Gesù sale dall’acqua, lo Spirito scende dai cieli squarciati. In Gesù di Nazaret ha inizio il definitivo irrompere di Dio nella storia: Gesù è il consacrato a Dio e di Dio, ed è pure l’inviato.

    Tu sei il Figlio mio: non un adottato: è Figlio nel senso più vero della parola, Al Giordano è consacrato Re, Messia. “Colui che amo”: (Gn 22,2: Dio ad Abramo dice: “Prendi il figlio tuo, l’unico che ami e va”). Nel contesto di Isacco non possiamo non guardare verso la passione di Gesù. Gesù, l’inviato del Padre, è colui che ha di fronte a sé un destino di morte. (Is 42,1: ”Tu sei il mio servo che io sostengo, il mio eletto, colui in cui mi compiaccio”. “Io ti ho scelto per mandarti”). È il Re-Messia-Servo. La gente si era presentata per ricevere il perdono dei peccati; sarà Gesù-Servo che l’otterrà, mediante il suo sacrificio.

    Anche per noi, l’immersione nell’acqua del battesimo ha dato inizio ad una vita nuova. Anche nel nostro Battesimo Dio ha sussurrato: “tu sei mio figlio, quello che io amo”. Pure noi abbiamo ricevuto come nome “Figlio”. È la calda voce del Padre che ci chiama suoi figli prediletti. Nelle parole: ”in te ho posto il mio compiacimento”, accogliamo la dichiarazione impegnativa di Dio su di noi: prima che tu faccia qualsiasi cosa, così come sei, tu mi piaci e mi dai gioia. Prima che io risponda, prima che io sia buono, senz’altro motivo che la sua gratuità. Dio ripete ad ognuno: tu mi fai felice. Questa è la “grazia di Dio”. Siamo figli amati, abbiamo doppie radici piantate nel profondo della terra e nel profondo del cielo. Il battesimo racconta poi ciò che manca a Dio: di essere amore riamato. Riamato da liberi, splendidi, meschini, magnifici, traditori figli che noi siamo. 

    Dal cielo aperto viene anche per noi come colomba, la vita di Dio. Si posa su di noi, ci avvolge, entra in noi, a poco a poco ci modella, trasforma i nostri pensieri, affetti, speranze. Secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore.  

    Immerso in Dio nel battesimo: quanto è accaduto un giorno, continua ad accadere in ogni nostro giorno: in questo momento, in ognuno dei nostri momenti siamo immersi in Dio come dentro un nostro ambiente vitale, una sorgente che non viene meno, un grembo che nutre, riscalda protegge e fa nascere. C’è un battesimo esistenziale che riceviamo quotidianamente, nel quale continuamente nasciamo e siamo generati da Dio: “chi ama è generato da Dio e conosce Dio”: al presente, adesso. Amare fa nascere, mette in moto il motore della vita. Battezzati, immersi nell’amore, nasciamo nuovi, diversi, nasciamo con il respiro del cielo.

    Il nostro brano ci racconta anche i simboli della Trinità: una voce, un figlio, una colomba. Racconta Gesù, il Figlio che si fa fratello, che si immerge nel fiume dell’umanità, che sempre scorre sul confine rischioso tra deserto e terra promessa. Gesù lo fa, perché ogni fratello possa diventare figlio. Immersi in Dio con il battesimo, viviamo due vite, quella nostra e quella di Dio. Ormai, indissolubile da noi è Dio, e noi, non più separati da Lui.

  • Lettera di Natale 2020 di p. Mario Bianchin PIME (Yurigaoka-Giappone)

    Carissimi, 
    BUON NATALE!

    Forse quest’anno, con mascherine e a distanza, a motivo del “coronavirus” che ha fatto irruzione nelle nostre vite all’inizio dell’anno, dobbiamo farci anche gli AUGURI… “sottovoce” ! 

    Ma forse proprio per questo, quest’anno il santo Natale deve brillare “per noi” ancor più di quella “luce nuova” che anche colse di sorpresa i pastori, che nella notte vegliavano il loro gregge. 

    La luce del Natale e’ da sempre una “LUCE NUOVA”, una luce “dal Cielo” che brilla nelle tenebre della nostra notte. Ma quest’anno forse ci è donato di poterlo comprendere anche meglio. 

    Quello che colpì anche me fin dall’inizio, è infatti che questo virus si comunica attraverso l’alito, attraverso il respiro. E mi chiedevo: ma come possiamo vivere senza respirare? Senza l’alito del respiro non c’è la vita! 

    Dalla nascita respiriamo, e la morte è segnata dall’ultimo respiro! 

    Ebbene, mi sembra che questa esperienza inaspettata ci aiuti a capire meglio come anche la VITA NUOVA che riceviamo al Battesimo, attraverso la Fede in Gesù’ “Signore” , sia bene espressa dall’ALITO dello Spirito Santo, che appunto lì ci viene donato. 

    Questo “alito” dello Spirito che ci è donato con la Fede NON porta morte ma porta VITA! anzi, rende puro anche l’alito inquinato che portiamo in noi a causa del peccato originale!  si, meglio ancora del “vaccino” per questo virus, che tanto sospiriamo e che tutti attendiamo. 

    Questo “alito” che è l’ ALITO di Dio”, ce lo porta Gesù che nasce, ce lo porta il Suo santo Natale!  

    Come ben ricordiamo, il testo sacro racconta che Dio creò il mondo come un giardino, e vi pose l’UOMO, creato a sua immagine e somiglianza. 

    E dice così: 

    “Allora il Signore Dio formò l’uomo dalla polvere della terra,/ e soffiò nelle sue narici un ALITO di vita, / e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi 2,7). 

    Mi è parso perciò che anche questa esperienza del virus, che causa così tanta sofferenza, ci può aiutare a comprendere meglio il santo Natale, e come “festeggiare il santo Natale” significhi  “celebrare la gioia” che il Bambino Gesù’ ci porta in dono, quella [di poter respirare l’ALITO della vita “nuova”], la vita di Dio in noi.   

    OGGI, perciò, davanti al Presepio, davanti a Dio che nasce “UOMO NUOVO” in mezzo a noi… “sottovoce” ci scambiamo anche noi -unito alla preghiera- questo AUGURIO: 

    che anche noi possiamo trovare sempre di nuovo “la VITA NUOVA in Lui”, che morendo sulla Croce ci fa  sempre di nuovo  [il DONO del “SUO” ALITO  di vita nuova], il dono del Suo Spirito (cfr. Gv. 19,30). 

    BUON NATALE e BUON ANNO 202

  • Gennaio 2021 – mese della pace

    “La cultura della cura come percorso per la pace”. Questo il titolo del Messaggio per la 54a Giornata Mondiale della Pace, l’ottava di Papa Francesco. Causa Covid-19 non ci sarà la tradizionale Marcia per la pace a gennaio. Ma l’appuntamento è stato trasformato e amplificato. Se non si può marciare insieme, infatti, ciascuno può fare un passo di pace e in questo caso a farlo sono sette le Diocesi del Triveneto che scandiranno un “cammino disarmante” (come è stato chiamato il calendario interdiocesano per la pace 2021) in sei passi. Padova, Belluno-Feltre, Concordia-Pordenone, Trento, Treviso, Vicenza e Vittorio Veneto sono le sette Chiese che insieme propongono un itinerario che si svilupperà lungo l’intero mese di gennaio, grazie anche alla collaborazione di numerose associazioni e realtà dei territori coinvolti. «Abbiamo deciso di “unirci” per pensare e organizzare il “tempo della pace” e abbiamo coinvolto sette diocesi, mettendo a tema un argomento – il disarmo – che porta con sé una serie di altri temi, non ultimo la finanza etica», sottolinea suor Francesca Fiorese, direttrice dell’Ufficio di Pastorale sociale, del lavoro, giustizia e pace della Diocesi di Padova, che sta coordinando l’iniziativa. «Ci illudiamo di essere sicuri attraverso le armi, mentre molti investimenti potrebbero essere utilizzati per la lotta alle diseguaglianze che sono le vere ragioni di guerre e conflitti. Le diseguaglianze minano la pace. E con questa sensibilizzazione vorremmo sostenere quanto papa Francesco afferma nel messaggio per la giornata per la pace 2021». «In molte parti del mondo – scrive papa Francesco – occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia». E ancora il Papa sottolinea: «Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari (…) Che decisione coraggiosa sarebbe quella di “costruire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un ‘fondo mondiale’ per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri”». Il percorso “Cammino disarmante” prevede una serie di appuntamenti on line che segneranno sei passi – unire, pregare, conoscere, ascoltare, sperare, dialogare – tutti accompagnati anche da una citazione dell’enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. Si inizia venerdì 1 gennaio con il primo passo “unire” con l’invito a tre minuti di riflessione quotidiana sul messaggio di papa Francesco per la giornata mondiale per la pace 2021. Inoltre alle ore 16 verrà proposto un video di avvio del “cammino disarmante” con alcune iniziative e proposte di pace, tra cui la ricetta del dolce della pace da fare in famiglia o la costruzione di un portacandela. Sabato 9 gennaio, alle ore 20, per il secondo passo “pregare”, verrà trasmessa una veglia di preghiera dalla Diocesi di Vittorio Veneto. Il terzo passo – conoscere – sarà domenica 17 gennaio, alle ore 18.30, con una tavola rotonda dal titolo “Miriamo alla pace”, organizzata dalla Diocesi diPadova che vedrà la partecipazione di Lisa Clark, dei Beati i costruttori di pace e co-presidente dell’International Peace Bureau; Francesco Vignarca, coordinatore delle Campagne di Rete Italiana Pace e Disarmo; Claudio Cefaloni, redattore di Città Nuova, padre Mario Menin, direttore di Missione Oggi. Modera Luca Bortoli, direttore del settimanale diocesano di Padova La Difesa del popolo. ll quarto passo – ascoltare – è in programma mercoledì 20 gennaio alle ore 20.30 con un webinar organizzato dalla Diocesi di Treviso che vede la partecipazione del giornalista di Avvenire Nello Scavo, sul tema “Urla e silenzi di guerra”. Il quinto passo – sperare – si terrà venerdì 22 gennaio, giorno in cui entra in vigore il trattato internazionale sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN) per i paesi che l’hanno sottoscritto e che ha tra i firmatari la Santa Sede. Alle ore 12, appuntamento con “Pace al decollo”, organizzato dalla Diocesi di Concordia- Pordenone, dove ha sede la base Nato di Aviano. Con l’invito, alle Diocesi coinvolte di far suonare le campane a festa in contemporanea. Il cammino disarmante si concluderà mercoledì 27 gennaio, con la sesta tappa virtuale – dialogare. Alle ore 20.30, appuntamento con “Sentinelle di pace”, iniziativa promossa dalla Diocesi di Treviso che vedrà le testimonianze di padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano e di mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia. Ad accompagnare il “cammino disarmante” c’è poi una pagina facebook Passi di pace dove ci sono tutti gli aggiornamenti e le indicazioni per collegarsi ai vari appuntamenti: https://www.facebook.com/Passi-di-Pace-101103721901365

    18-25 GENNAIO – SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

    Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha pubblicato il sussidio di preghiera per la Settimana di Unità dei Cristiani del 2021, curato dalla Comunità di Grandchamp in Svizzera, che ne ha scelto anche il tema, tratto dal Vangelo di Giovanni: “Rimanete nel mio amore e porterete molti frutti”. Il sussidio è una proposta, che poi ogni singola comunità può adattare. Tradizionalmente, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani si tiene tra il 18 e il 25 gennaio, secondo una proposta che fu avanzata nel 1908 da padre Paul Watson, perché le due date comprendono simbolicamente la Festa della Cattedra di San Pietro e quella dalla Conversione di San Paolo. Ci sono stati vari precedenti illustri, ma fu solo a partire dal 1968, con Paolo VI e con gli sviluppi ecumenici dettati anche dal Concilio Vaticano II, la Settimana comincia a strutturarsi con un tema e con varie attività, tra cui la presenza del Papa per i Vespri nella Basilica di San Paolo Fuori Le Mura, tradizionalmente dedicata al dialogo ecumenico. Nel 2019, fu un gruppo ecumenico di Malta a occuparsi della redazione del sussidio di preghiera, nel 2018 furono i cristiani dell’Indonesia e nel 2016 furono i cristiani di Lettonia a curarlo. Quest’ano, la scelta è caduta sulla Comunità di Grandchamp, che ha sede nei pressi di Neuchatel, nella Svizzera francese. Sin dall’inizio, la comunità ha avutostretti legami con la Comunità di Taizé e con l’Abbé Paul Couturier, figura fondamentale nella storia della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Le suore hanno scelto come tema “Rimanete nel mio amore e porterete molti frutti”. Ma è tutto il brano del Vangelo di Giovanni ad essere meditato negli otto giorni di preghiera per l’Unità dei cristiani, strutturata nel sussidio proprio come la vita della comunità monastica, con le sue veglie e i suoi ritmi. Così, nel primo giorno si medita sulla chiamata di Dio, nel secondo giorno c’è la meditazione sulla maturazione interiore, nel terzo giorno si prega per formare un solo corpo. I temi dei giorni successivi sono pregare insieme, essere trasformati dalla Parola, accogliere gli altri, crescere in unità, riconciliarsi con la creazione. Attualmente ci sono circa 50 sorelle nella comunità, e la maggior parte di loro vivono a Grandchamp, mentre altre vivono in Sonnenhof e altre ancora in diversi posti. Sono presenti in Svizzera, in Olanda e in Francia, e si dedicano alla preghiera per la riconciliazione dei cristiani e per la cura del creato. Nel loro sussidio, le suore si ispirano a Dorotheus di Gaza, monaco palestinese del VI secolo, e invitano a comprendere che quando ci si avvicina a Dio nella vita spirituale, allora ci si avvicina anche ai nostri fratelli e alle nostre sorelle in Cristo, provando una maggiore solidarietà con il resto del creato. La Comunità di Grandchamp è stata formata negli Anni Trenta del secolo scorso, da donne della Chiesa protestante della Svizzera romanda conosciute come “le Signore di Morges” che hanno cominciato ad organizzare ritiri spirituali. Molto velocemente, questi ritiri si sono tradotti in una vita comunitaria. Immediati sono stati i legami con la comunità di Taizé, perché era proprio in quegli anni che la comunità riscopriva il monachesimo tramite l’opera di Frere Roger Schutz. Tra Frere Roger e Madre Genevieve, prima priora di Grandchamp, ci fu subito un rapporto fraterno, tanto che le sorelle adottarono la regola di Taizé nel 1952. Le cinquanta sorelle della comunità sono di diverse generazioni e tradizioni cristiane, ma restano fedeli alla vocazione originaria. Le prima sorelle avevano sperimentato il dolore della divisione tra Chiese cristiane, e per questo cominciarono a lavorare per l’unità, incoraggiate dall’Abbè Paul Couturier. Tutta la comunità è stata coinvolta nella stesura dei testi, e poi quattro sorelle sono state chiamate a far parte della commissione internazionale per stilare il sussidio definitivo.

    24 GENNAIO 2021: LA DOMENICA DELLA PAROLA , UNA FESTA CON LA BIBBIA

    La Domenica della Parola è un’occasione speciale per raccogliere il popolo di Dio attorno alla Bibbia, come ci invita a fare Papa Francesco. Una giornata di festa e celebrazione per rimettere al centro della vita, accanto all’Eucaristia, l’ascolto della Sacra Scrittura, attraverso esperienze e momenti di lettura, approfondimento e riflessione spirituale da vivere in comunità.

    DALL’ANAGRAFE PARROCCHIALE 2020

    46

    Prime comunioni

    10

    Battezzati

    35

    Cresimati

  • IL DONO PIÙ PREZIOSO DEI MAGI? IL LORO STESSO VIAGGIO – Mt 2,1-12

    Parrocchia di Fontane
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    IL DONO PIÙ PREZIOSO DEI MAGI? IL LORO STESSO VIAGGIO – Mt 2,1-12
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    Vangelo

    1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2«Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

    6E tu, Betlemme, terra di Giuda,
    non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
    da te uscirà infatti un capo
    che pascerà il mio popolo, Israele.

    7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

    9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

    Commento

    A Natale abbiamo celebrato Dio che cerca l’uomo. All’Epifania celebriamo l’uomo che cerca Dio. Nelle celebrazioni natalizie è tutto un germinare di segni: come segno Maria ha un angelo, Giuseppe un sogno, i pastori un Bambino nella mangiatoia, ai Magi basta una stella. Oggi a noi è dato il segno dei Magi: il loro cammino, la pazienza di ricominciare. Guardiamo più in profondità questo segno.

    L’Epifania è la festa di Gesù re di tutti, perché tutti sono invitati ad andare da Lui, a incontrarLo. Anche i sacerdoti e gli scribi di Gerusalemme hanno avuto il dono del segno; perfino lo stesso Erode, ha avuto il segno di questi viaggiatori che venivano dall’Oriente, a cercare un altro Re. C’è dunque un Dio anche dei “lontani”, e tutti hanno la loro strada. Anche per noi e per tutti oggi sono presenti dei segni, spesso piccoli, sommessi, e spesso sono persone che sono epifania (manifestazione) di bontà, incarnazioni viventi del Vangelo, che hanno occhi e parole come stelle.

    I Magi erano dei saggi astrologi alla corte di re orientali. Erano importanti, e ufficiali interpreti di eventi straordinari o di fenomeni della natura. Persone in continua ricerca. Il Vangelo ci racconta questa ricerca di Dio come un viaggio, al ritmo della carovana, come il camminare di una piccola comunità

    • Il primo passo: alzare il capo e guardare in alto.
    • Il secondo: mettersi in strada dietro una stella che cammina. È la continua ricerca da vivere insieme: trovare Cristo, vuol dire cercarlo ancora.
    • Il terzo: non temere gli errori. IL cammino dei Magi è pieno di errori: ad un certo punto perdono la stella; vanno nella grande città, anziché il piccolo villaggio; chiedono del bambino ad un assassino di bambini; cercano una reggia e troveranno una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare.
    • Quarto: adorare e donare. Il dono più prezioso dei Magi è il loro stesso viaggio, lungo quasi due anni.

    I magi, i pagani, ci vengono presentati come portatori del lieto annuncio: la nascita del re dei Giudei. Si accorgono subito che il loro annuncio non è motivo di gioia per Gerusalemme e soprattutto per il suo re. Sorprende che gli esperti (Gerusalemme) non accolgano la Parola scritta come vero annuncio rivolto a loro in quel momento. La Parola è solo oggetto di studio, ricordo di una storia passata. Erode vuole solo informarsi. Gerusalemme non la accoglie come un messaggio divino che si sta compiendo nel loro oggi. I Magi invece si lasciano guidare dalla Scrittura e così possono raggiungere il Bambino. Guidati dalla Scrittura hanno subito la ri-conferma: risplende di nuovo la stella che li guida sul giusto cammino. Una stella misteriosa che li guida anche di giorno, sembra quasi che li trascini per mano. La stella diventa un messaggero divino che li porta alla casa del Bambino.

    Adorano il Bambino, Il Dio con noi: un Dio piccolo piccolo tra noi. Di Lui non puoi aver paura, e da un bambino che ami non ce la fai ad allontanarti. In quel Bambino, incapace di parlare, presentato da Maria, riconoscono il Figlio di Dio: la sua regalità potente e universale presente nella debolezza umana. Così l’erede di Davide riceve la visita e l’onore come re: oro, incenso e mirra. È colui che raccoglierà le pecore disperse della casa d’Israele, per la quale è stato mandato.

    Il ritorno a casa è strada nuova, perché hanno trovato e reso omaggio a Colui che cercavano. L’incontro ormai li ha trasformati, li ha fatti nuovi. Ora nella fede obbediscono a Dio.

    Oggi siamo invitati anche tutti noi a cercare con sincerità, a metterci in cammino senza indugio. Guardiamo dentro di noi: stiamo attenti perché possiamo essere misteriosamente un Erode: uccisori di sogni ancora in fasce. Questo Erode può essere dentro di noi, quando disprezziamo e distruggiamo sogni e speranze.

  • 54° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

    1° gennaio 2021

    (Dal messaggio di Papa Francesco)

    A tutti rivolgo i miei migliori auguri, affinché quest’anno possa far progredire l’umanità sulla via della fraternità, della giustizia e della pace, fra le persone, le comunità, i popoli e gli Stati. Il 2020 è stato segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19, che ha provocato pesanti sofferenze e disagi: coloro che hanno perso un familiare o una persona cara, quanti sono rimasti senza lavoro ..

    La barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno. Questi e altri eventi ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza.

    Ho scelto come tema del messaggio: la cultura della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.

    Nel racconto biblico della creazione, Dio affida il giardino “piantato in Eden” alle mani di Adamo, facendolo signore e custode dell’intera creazione. Questo domanda che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura sia inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri.

    L’amore di Dio che si prende cura delle sue creature, ce lo ha rivelato Gesù nella sinagoga di Nazaret: “mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi”. Gesù ci ha aperto la via dell’amore e dice a ciascuno: “Seguimi. Anche tu fa così”. Ogni comunità deve sforzarsi di essere una casa accogliente, aperta ad ogni situazione umana, disposta a farsi carico dei più fragili.

    Ogni persona umana non è mai semplicemente uno strumento da apprezzare solo per la sua utilità, è creato per vivere insieme nella famiglia, nella comunità, nella società, dove tutti membri sono uguali in dignità.

    Nella pandemia ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme… Tutta la realtà creata pone in risalto l’esigenza di ascoltare nello stesso tempo il grido dei bisognosi e quello del creato. Da questo ascolto può nascere un’efficace cura della terra, nostra casa comune e dei poveri. Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono tre questioni del tutto connesse.

    In un tempo dominato dalla cultura dello scarto e dell’acuirsi delle disuguaglianze. È necessario diventare profeti e testimoni della disuguaglianza, è necessario diventare profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali.

    L’educazione alla cura nasce in famiglia, dove s’impara a vivere in relazione e nel rispetto reciproco. In collaborazione con la famiglia, la scuola, l’università, i soggetti della comunicazione sociale, sono chiamati a veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona, una educazione che renda ogni persona capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua comprensione. In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro, con impegno e audacia.

    Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma ogni giorno concretamente impegniamoci a formare una comunità composta di fratelli che si accolgono reciprocamente. Prendendosi cura gli uni degli altri.

    Teniamo lo sguardo rivolto a Maria, stella del mare e Madre di speranza.

  • LA VERTIGINE DI BETLEMME, L’ONNIPOTENTE IN UN NEONATO – Lc 2,1-21

    Parrocchia di Fontane
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    LA VERTIGINE DI BETLEMME, L’ONNIPOTENTE IN UN NEONATO – Lc 2,1-21
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    Vangelo

    Commento

    Quella notte, il senso della storia ha imboccato una nuova direzione: Dio verso l’uomo. Il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio ad un campo di pastori. La storia ricomincia dagli ultimi.

    Mentre a Roma si decidono le sorti del mondo e le legioni mantengono la pace con la spada e la sottomissione dei vinti, nasce un bambino che muta la direzione della storia: la pace è un dono per tutti gli uomini che Dio ama. La nuova capitale del mondo è Betlemme. Dio ritorna alle sorgenti per riprendere definitivamente la storia della salvezza, perché così ha promesso.

    Si parte da un orizzonte ampio: si parla di tutta la terra e del suo dominatore, Cesare Augusto. Il signore della terra e quello del cielo si oppongono: il mondo con le sue oppressioni e il mondo di Dio con la sua pace. Cesare Augusto fa sentire il suo potere mediante un decreto: recensire tutta la terra; strumento indispensabile per taglieggiare con esosi tributi i sudditi, anche quelli della Palestina. All’editto imperiale segue la sfilata ubbidiente dei sudditi, tra cui Giuseppe: uno che sa ubbidire e dare a Cesare quel che è di Cesare. Egli vive a Nazaret, ma la sua città era Betlemme, la città di Davide, essendo egli della casa e della famiglia di Davide. Emerge così che è nella linea di Giuseppe, nella linea maschile che nasce il Messia, quale figlio di Davide.

    Per loro non c’era posto nell’alloggio” Contempliamo il nostro Dio che giace nella mangiatoia. Natale è una festa drammatica. Dio entra nel mondo dal punto più basso, in fila con tutti gli ultimi, perché nessuna creatura sia più in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio che salva. A Natale il Figlio di Dio si presenta a noi in un neonato che non sa parlare, l’onnipotente è un bimbo capace solo di piangere. Si è fatto uomo per imparare a piangere. Dio comincia sempre così: nel silenzio e con piccole cose.

    Lo pose nella mangiatoia”. Maria legge quella greppia degli animali come una culla. Dio Padre fa il più grande atto di fede nell’umanità e affida il Figlio nelle mani di Maria, ha fede in lei. E Maria si prende cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze, di sogni. Lo fa vivere con il suo abbraccio. Anche a noi, Dio Padre affida il compito di continuare l’incarnazione di Gesù nella storia: Dio vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prenderemo cura di Lui, come una madre, ogni giorno. Vista la nostra  debole risposta preghiamo Gesù bambino, Dio incapace di fare del male, che vive soltanto se è amato, di insegnarci che non c’è altro senso per noi  nel vivere che diventare come Maria, prendendoci cura dei tanti “bambini Gesù”, che vivono accanto a noi. Il Padre, con un atto di fiducia, li affida a noi. 

    C’erano in quella regione alcuni pastori”. A mille anni di distanza, su quelle montagne dove il giovane Davide pascolava il gregge, ci sono ancora pastori, considerati incapaci di vivere nei dettagli la legge del Signore, e perciò disprezzati. Vengono avvolti dallo splendore della gloria del Signore e accolgono la rivelazione di Dio. Senza rivelazione è impossibile la fede. Dio parte da loro, gli ultimi, gli anonimi e dimenticati.

    Non temete”: Dio non deve fare paura mai! Se fa paura non è Dio, colui che bussa alla nostra vita.

    Vi annuncio una grande gioia”. Una felicità possibile a tutti: quindi un oggi di gioia per noi. La sorgente è “oggi è nato un Salvatore”. E’ Dio venuto a portare, anche a chi è pieno di difetti, il cromosoma divino nel respiro di ogni uomo: la vita stessa di Dio in noi. Tutti amati, buoni e meno buoni, amati per sempre. E’ un oggi, vero spartiacque della storia. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo si faccia Dio. La nascita di Gesù vuole la mia nascita. 

    Il Natale riconsacra il nostro corpo e Dio, in Gesù, l’ha preso, amato, fatto suo. Così la nostra storia in qualche sua pagina è sacra. Gesù, il vasaio, si fa argilla di un vaso fragile e bellissimo. Non si può dire: qui finisce l’uomo, qui comincia Dio, perché Creatore e creatura ormai si sono abbracciati. Ed è per sempre!

    I pastori riferirono ciò che del Bambino era stato detto loro”. Agli abitanti di Betlemme raccontano quanto era avvenuto. Non ce la fanno a trattenere per sé la gioia e lo stupore, come non si può trattenere il respiro, ma ritornano cantando, e contagiano di sorrisi chi li incontra, dicendo a tutti: è nato l’Amore.

    Natale non è facile da capire, è una lenta conquista. Ci disorienta: per la nascita, quella nascita, che divenne nella notte un passare di voci che raccontavano una storia incredibile. E’ venuto il Messia, è avvolto in poche fasce, nella ruvida mangiatoia. Chi va a cercarlo nei palazzi non lo trova.

    La meraviglia del Natale sta nella totale semplicità del racconto della nascita di Gesù. Senza la rivelazione degli angeli non capiremmo che quel bambino deposto in una mangiatoia è il Signore. E senza il bambino deposto nella mangiatoia non capiremmo che la gloria del vero Dio è diversa dalla gloria dell’uomo. Riscopriamo lo stupore della fede. Lasciamoci incantare da quella mangiatoia che ci rivela il mistero di un Dio che sa di stelle e di latte, di infinito e di casa.

  • Veglia di Natale 2020 – La Strada per incontrare Gesù

    18 dicembre 2020

    Per vedere il video della Veglia, clicca qui: https://youtu.be/DfKKWdN8-7Y