Autore: Parrocchia di Fontane

  • CENACOLO: CORPO DONATO – SANGUE SPARSO Mt 26,17-29

    Venerdì 27 marzo.

    Dopo la partenza di Giuda, Gesù con i discepoli da Betania ritorna a Gerusalemme per celebrare la cena pasquale con i suoi discepoli. Il racconto descrive la vita della comunità cristiana lungo i secoli, e perciò anche della nostra comunità che ogni domenica celebra lo “spezzare il pane”, per annunciare la morte del Signore in attesa della sua venuta. Ascoltiamo quanto l’evangelista ci dice: è la sua esperienza di quella sera: “la notte in cui fu tradito”. La relazione Gesù-discepoli guida ancora oggi il nostro confronto con Gesù e ci chiama a vivere la stessa esperienza.

    Gesù fa preparare la Pasqua (17-19). La preparazione avviene nel primo giorno della festa degli Azzimi. Alla sera iniziava quella settimana durante la quale si doveva mangiare pane azzimo, non lievitato. I discepoli, da buoni ebrei, ci tenevano a quel rito. La pasqua è qualcosa che si deve mangiare, rito che però diceva relazione di salvezza.

    E’ il Signore che comanda, padrone degli eventi che lo riguardano. Inviando tutti i suoi discepoli, intende coinvolgerli negli eventi che egli stabilisce nei particolari. E’ un banchetto essenzialmente comunitario, non si può celebrare da soli. Gesù sa però che il suo tempo è giunto e sa che è la sua Pasqua, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre. Gesù, quella sera, ha anticipato nel rito “la sua Pasqua” (non si parla di agnello); ha reso quel rito anticipatamente “memoriale” della sua Pasqua. (Solo dopo la Pasqua, i discepoli capirono che avevano per la prima volta mangiato “la Pasqua” di Gesù). Lo spezzare il pane è la nuova Pasqua.

    E come sta scritto di lui” (20-25). Ci viene ora descritta la comunità di Gesù a tavola, per celebrare la prima Eucarestia. Fattasi sera, Gesù si mette a tavola con i Dodici. Sono lì, convinti di celebrare la Pasqua. Gesù pensa a quanto sta per succedere:uno di voi mi consegnerà”. Alla gioia succede lo sgomento, una grande tristezza negli Undici. Nessuno si sente sicuro, tutti vogliono essere rassicurati da Gesù. La risposta di Gesù è assai vaga, anche se è chiaro che quella sera, Gesù sapeva chi aveva accanto a sé: uno che lo aveva già tradito, uno che lo avrebbe rinnegato e tutti gli altri che lo avrebbero abbandonato.

    Guardiamo però come Gesù vive quanto sta avvenendo. Gesù sa che la passioone-resurrezione è il momento vero del compimento di quanto hanno detto i profeti. Gesù continua a leggere il suo destino nelle scritture, in particolare quelle del “giusto sofferente” (Is 53), scoprendo il progetto di salvezza del Padre. Deve passare attraverso la morte, a causa del peccato degli uomini, però è cosciente che l’agire del Padre non finisce mai nella morte, ma sempre nella vita e nella salvezza. Lui è la “pietra scartata dai costruttori che diventa pietra angolare”.

    Eucarestia: celebrazione di speranza (26-29). E’ un racconto sintetico, fondamentale per capire quale senso Gesù dà alla sua passione. I discepoli appaiono come coloro che debbono osservare, ascoltare, accogliere. Sono incerti e fragili, ma spezzando con loro il pane, Gesù assicura loro il futuro. Gesù parla di un altro banchetto che Egli con i suoi compirà nella casa del Padre.

    Gesù è totalmente unito a Dio Padre e anche totalmente aperto a tutti gli altri, tendendo a unire a sé i suoi, a costruire il suo popolo, a fare comunità. Le parole di Gesù, “Questo è il mio corpo”, vogliono dire: “Questo sono io che voglio donarmi a voi, entrare in comunione con voi, fare di voi la mia comunità”. Vuole un’esperienza di comunione.

    Il sangue sparso dice che Gesù è cosciente di dover morire e dice che egli muore per tutti, proprio come il Servo di Dio (Egli portò il peccato di molti”). E’ il servo che eliminerà il peccato di “molti”, mettendoli in una giusta relazione con Dio. Gesù vede il suo sacrificio, il dono della sua vita, quale segno di alleanza tra Dio e tutti i popoli. E’ l’Alleanza nuova e definitiva. Egli con l’Eucarestia mette il segno della sua continua presenza in mezzo ai suoi, un popolo in cammino verso il Regno, nella casa del Padre.

    Confrontiamo l’Ultima Cena con il nostro modo di celebrare la S. Messa. le nostre fragilità nell’incontro con Cristo nell’Eucarestia, che ci unisce e trasforma per essere una vera comunità unita a Lui. Le esperienze di queste domeniche …

  • AMORE – TRADIMENTO (Mt 26,6-16)

    Giovedì 26marzo

    Gesù è a Betania. Giuda si stacca e va a tradire il Maestro. I due gruppi si troveranno l’uno di fronte all’altro nel Getsemani.

    L’ha fatto per la mia sepoltura. Gesù a Betania (=casa del povero) annuncia la sua sepoltura.

    Ognuno di noi deve sentirsi coinvolto nel racconto. La donna pensa a Gesù, i discepoli ai poveri. Peri discepoli è uno spreco, per Gesù è un’opera buona, che annuncia la sua passione, come privazione della sua presenza. Gesù è tutto assorto nel suo imminente futuro. Ormai è deciso ad affrontare la morte. Gesù guarda quella donna che ha sparso su di lui il suo costoso profumo e lo vede come qualcosa che prepara in anticipo “la sua sepoltura”. Poi non ci sarà tempo, perché risorgerà. La donna di Betania si presenta come testimone della sepoltura di Gesù (lo diciamo anche noi nel credo: è morto per i nostri peccati … fu sepolto … è stato risuscitato). Il suo gesto d’amore non è stato vano: diventa vangelo per tutto il mondo.

    Trenta monete”. Giuda, uno dei discepoli, è passato con i nemici di Gesù, si è reso responsabile della sua morte. Giuda lo ha tradito per denaro, rendendo il maestro oggetto di scambio.

    Si realizzano le antiche profezie, in particolare Zaccaria 11,12: Gesù, constatando che le folle erano come “pecore senza pastore”, si sentì come il Pastore suscitato da Dio e inviato alle pecore perdute della casa d’Israele. Ma ora è valutato come l’antico pastore in trenta monete, cioè rifiutato, venduto, tradito. Siamo invitati, oltre la materialità dei fatti, a scoprire il vero volto di Dio Padre, che, malgrado il peccato degli uomini – nel nostro caso di Giuda – continua a portare avanti in Gesù l’opera della salvezza. Solo Dio e Gesù sono i veri protagonisti della salvezza. Malgrado il peccato degli uomini che rifiutano Gesù, Dio agisce in Lui a salvezza dell’umanità.

    Questa salvezza continua nell’oggi della nostra storia. Riusciamo a vederla?

    Cosa vuol dire per noi oggi : essere testimoni della sepoltura di Gesù come la donna di Betania?

  • CHIESA FONDATA SULLA “PIETRA ANGOLARE”, CRISTO GESÙ MORTO E RISORTO (Mt 26 – 28)

    Mercoledì 25 marzo

    Gesù ci viene presentato come destinatario non solo di una missione di salvezza, ma di una missione, che, vissuta nella fedeltà a Dio, diventa sorgente di vita per sé e per gli altri: sarà risuscitato, darà la vita in riscatto per molti, sarà la pietra angolare di un nuovo edificio; la vigna, il regno sarà dato ad altri: ci sarà cioè un nuovo popolo di Dio.

    I produttori di morte (sacerdoti e capi del popolo) e i produttori di vita agiscono simultaneamente, ma non in sintonia tra di loro. Anzi, l’agire dei primi è menzogna, inganno, non verità, peccato; l’agire dei secondi invece è verità e vita.

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    Gesù dice ai discepoli quello che avverrà durante la Pasqua.

    I capi del popolo, i gran sacerdoti non vogliono che ciò avvenga durante la festa: c’è troppa gente a Gerusalemme. Gesù, però, annunziando quanto avverrà durante la Pasqua, fa capire che è Lui il padrone degli avvenimenti che stanno per accadere, che tutto si realizzerà secondo la sua parola, quasi fosse proprio Lui a permettere all’antagonista di agire.

    Leggendo il racconto della passione siamo invitati a fissare lo sguardo su Gesù, cosciente di quanto sta per avvenire.

    Voi sapete che fra due giorni è pasqua”. Il rito della Pasqua era quasi un fermare il tempo, un fare memoria della liberazione dall’Egitto: dalla morte alla vita. Gesù fa capire che il tempo non si ferma: quella festa di Pasqua non sarà una semplice commemorazione della vita, ma produrrà morte. La festa antica è solo una preparazione di una pasqua assai più perfetta, quella che celebra la definitiva salvezza e che si compie in Gesù.

    Il sinedrio vuole evitare che la festa sia morte, che essi però cercano con tutte le forze. (Se questo si realizzasse, l’evento Gesù non potrebbe essere interpretato come Pasqua, che così continuerebbe ad essere pura ripetizione del passato).

    Se la Pasqua è davvero un passaggio, la resurrezione non può mancare, perché “Pasqua” significa vita. La ripetizione della pasqua ebraica quell’anno produrrà morte, perderà il suo senso, ma con la resurrezione di Gesù raggiungerà il suo compimento che è libertà e vita perfetta in Dio.

    Seguiamo Gesù in questa Via della croce come discepoli, come comunità: é nel suo modo di comportarsi, vissuto oggi da noi, che continua la Storia della salvezza. Quello che fanno gli uomini è peccato, quello che si compie in Gesù è un vero Vangelo, un vero annuncio di salvezza.

    Ascoltiamo i suggerimenti dello Spirito Santo, per vivere insieme con Gesù la Pasqua di quest’anno. Potrebbe essere cosa buona, comunicarci qualche importante suggerimento. Cosa vuol dire per noi oggi: non fermare il tempo? Cosa vuol dire: celebrare una Pasqua più perfetta?

  • DA PILATO: “IL SUO SANGUE CADA SU DI NOI”

    Martedì 31 marzo.

    Mt 27, 2-31.

    Da Pilato non si svolge tecnicamente un vero dibattito giudiziale. Matteo dà un senso profondo di quanto è avvenuto: ci mostra i vari personaggi: chi è a favore e chi è contro Gesù. A favore di Gesù si schiera Giuda, dichiarandolo innocente, la moglie di Pilato e Pilato stesso, che più che giudice, sembra una pedina contro Gesù nelle mani dei capi ebrei. Sono infatti sacerdoti e capi del popolo che dominano, sobillando la folla, costringendo Pilato a far crocifiggere Gesù.

    Barabba sembra un semplice oggetto i scambio e i soldati di Pilato dei semplici esecutori. Lo scontro invece è tra Gesù e il suo popolo che invoca su di sè il sangue di un condannato a morte ingiustamente.

    Le trenta monete (27,3-10). le monete dicono relazione al “Pastore”, di cui ha parlato il profeta Zaccaria, attribuita da Matteo a Geremia per il fatto della compera del campo (Gr 32,6-15).

    Giuda con i suoi gesti proclama l’innocenza di Gesù, affermando che la condanna pronunciata su Gesù è ingiusta. Giuda sente pesare su di sé la propria colpa e, sentendosi abbandonato da tutti e in balia di se stesso, andò ad impiccarsi, dopo aver gettato nel tempio le trenta monete d’argento.

    I gran sacerdoti non lasciano le monete nel tempio. Riconoscono che sono “prezzo di sangue”, non mettono denaro “sporco” nel tempio e lo usano per comprare il campo del vasaio perla sepoltura degli stranieri. Mettono così in terra d’Israele, un segno che attesta il loro crimine.

    Matteo tira le somme di questo agire e vede il realizzarsi di quanto detto dal profeta Zaccaria (11,13): Il pastore inviato da Dio, vie valutato trenta sicli d’argento, ma è Dio che si sente rifiutato da Israele, che appare come popolo che versa sangue innocente.

    Di fronte a Pilato (27,11-14). Gesù fu messo davanti al governatore. Nella domanda: “Sei tu il re dei giudei?”, non c’è alcuna accusa. Di fronte alle accuse dei Gran sacerdoti e dei Capi, Gesù tace: è evidente che le accuse sono false. A Pilato è stato tolto ogni motivo per continuare l’inchiesta.

    Gesù-Barabba (27,15-26). Le fole, divenute arbitro tra il desiderio del governatore di liberare Gesù e i loro capi, l’avevano già condannato a morte. Ora devono scegliere tra un omicida, un pregiudicato, uno veramente colpevole e un innocente, Gesù. Lo ha proclamato innocente Giuda, lo ritiene innocente la moglie di Pilato e lo stesso Pilato che si laverà le mani.

    La folla deve decidersi se accettare o rifiutare Gesù, come Messia. La folla si allinea alla sentenza dl Sinedrio, creduto infallibile. Avevano pensato che Gesù fosse un profeta, ma non sono disposti ad accettarlo come Messia, anche perché il suo universalismo faceva saltare tutti i privilegi di Israele. Meglio eliminarlo e chiedere l’orribile morte per crocifissione, che i romani infliggevano a chi si ribellava all’imperatore.

    Pilato, lavandosi le mani, proclama l’innocenza di Gesù. Il popolo invece, senza ricordarsi di quanto dice la Legge (Dt 27,24-25) invoca su di sé la maledizione che cade su colui che si rende responsabile di aver sparso sangue innocente. E’ l’estrema follia di un popolo che non solo maledice se stesso, ma invoca anche la maledizione sui propri figli. Dio però accoglierà nella sua misericordia, migliaia di loro che si convertiranno (anche S. Paolo) e li ricolmerà di beni infiniti.

    Il testo ci fa constatare che non è tanto Gesù che viene giudicato, ma il popolo d’Israele con i suoi capi, perché ha sparso sangue innocente. Gesù rifiutato appare come Giudice del suo popolo. Contemporaneamente si realizza una storia di salvezza, perché è Gesù, l’innocente che muore per gli altri (Is 53).

    Gesù, re (27,27-31). Ora sono protagonisti i soldati del governatore. E’ l’unica vera immagine che offre il Vangelo di Gesù, re. Non manca nulla: il mantello, la corona di spine, la canna, simbolo dello scettro. Il suo viso però è sanguinante e coperto di sputi. E’ un re prigioniero dei suo persecutori e quindi insultato. Siamo invitati a leggere tutto nella luce di Is 50 e 53, contemplando il cammino verso la morte di Gesù, vilipeso da tutti, come un servizio, una donazione gratuita di sé agli altri fino al sangue.

    Questi segni dicono che solo Lui ha dato la vita per salvare il suo popolo. La suprema bellezza della storia è la contemplazione del volto di Gesù. Contempliamolo con commozione, stupore,e soprattutto innamoriamoci: le umiliazioni, il sangue ci rivelano il grande amore di Dio Padre.

    Vi invio la riflessione su altri 3 brani del racconto della Passione. Sarebbe bello, come facciamo al martedì, nell’ascolto della Parola, comunicarci qualche risonanza significativa della Parola per la nostra vita di credenti.

    Come state vivendo questa esperienza? Da soli insieme in famiglia? Avete coinvolto qualche altra persona? Ci sono delle difficoltà? Così si realizza un dialogo tra credenti! Diventerebbe un modo nuovo di Ascolto della Parola.

  • DA CAIFA: “IL FIGLIO DELL’UOMO ACCANTO A DIO”

    Lunedì 30 marzo

    Mt 26,57-27,2.

    A una decisione di morte da parte del Sinedrio si affianca il rinnegamento di Pietro. Gesù è davvero “solo”, in balia dei suoi persecutori, il gregge ora è disperso.

    Introduzione (57-78. Gli scribi e i capi del popolo ora si ritrovano insieme al sommo sacerdote Caifa. Si realizza quanto Gesù più volte aveva previsto e annunciato: “Il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai gran sacerdoti, ai capi del popolo e agli scribi” (Mt 18,20).La Passione è anche compimento della Parola di Gesù. L’interesse dell’evangelista è però su Pietro che lo segue da lontano”. Il cuore di Pietro è rivolto a Gesù. Va con coraggio tra i servi, dentro il cortile per vedere “come andava a finire”. Sembra che non sia Gesù ad aver ragione, ma Pietro: “Dovessi anche morire con te…”. C’è una tensione su questo confronto tra Gesù e il discepolo.

    La condanna a morte (59-68).

    – L’accusa (55-61). Rileggendo i fatti, Matteo mette in evidenza subito l’innocenza di Gesù (cercavano una falsa testimonianza). Dio considera peccato, e ingiusta, la condanna che il Sinedrio ha pronunciato contro Gesù: falsi testimoni, inganno nell’arresto e in tutto il dibattito giudiziale. Tutto si concentra sul tempio. E’ vero che Gesù ha agito e parlato contro il tempio. Annunciandone la distruzione, si era poi dichiarato più grande del tempio. Aveva criticato l’uso che ne facevano i capi. Aveva criticato l’interpretazione della legge del sabato. Per loro, Gesù stava distruggendo il tempio, simbolo di tutta la nazione. “Io posso”: Gesù è colui che può. Se ora non fa valere la sua potenza, è solo perché non vuole: egli ha scelto di vivere il suo destino come ha insegnato: “non opporsi al malvagio”,vincere la violenza con a non violenza: questa è l’unica via di salvezza.

    In tre giorni lo riedificherò”. E’ la speranza: la pietra scartata (Gesù) diventerà il nuovo tempio, dove si radunerà il nuovo popolo di Dio.

    Gesù e il Sommo Sacerdote (62-64). Gesù taceva: è il Servo: come quello condotto al macello, come pecora di fronte ai tosatori, e non aprì bocca (Is 53,7). Di fronte alla solenne richiesta di sapere se è il Figlio di Dio, Gesù non può tacere, deve dire la verità su di sé e lo fa al di là di ogni possibile aspettativa. Fin’ora il Figlio dell’uomo è a apparso nell’umiltà, disprezzato e in balia degli uomini, giudicato e condannato a morte. Dopo questa umiliazione, apparirà nella gloria, seduto accanto a Dio onnipotente, giudice universale della storia (Dn 7,27). Gesù si attribuisce la più grande autorità presso Dio, un’autorità che eserciterà accanto a Dio stesso. Questo si realizzerà dopo la sua morte, dando inizio al nuovo popolo di Dio, la Chiesa.

    Condanna e insulti (65-68). Un Messia così non era atteso: sconvolge la nazione, è meglio eliminarlo. Triste è l’immagine del sommo sacerdote che si straccia le vesti. Negli insulti sentiamo riecheggiare sempre i carmi del profeta Isaia (50 e 53). Sono le Scritture che illuminano il comportamento di Gesù e annunziano che il Lui, la Parola di Dio si fa salvezza. Lui vive di questa Parola, è con il Padre il vero protagonista della salvezza umana.

    “Non lo conosco” (69-75). Mentre Gesù dà la sua testimonianza davanti al Sinedrio, Pietro lo rinnega davanti a tutti, giurando non soltanto di non essere stato con Gesù, ma perfino di non conoscerlo. Nel Getsemani non aveva pregato, non può resistere alla tentazione. Aveva dunque ragione Gesù, che l’aveva preavvisato del suo rinnegamento: “Prima che il gallo canti …”. Il ricordo di quella notte per la chiesa apostolica è stato motivo di riflessione per tutti: un invito alla conversione per chi si sente lontano da Gesù (lo seguiva da lontano”). Rimane però una via per ritornare a Gesù: piangere il proprio peccato, e Pietro lo fa.

    Conclusione 727,1-2). Gesù era già stato giudicato degno di morte, ora la decisione di farlo morire. Gesù l’aveva annunciato che i suoi avversari l’avrebbero consegnato ai pagani. La consegna a Pilato ne è il compimento. Nulla è capitato a caso a Gesù.

    Ora domandiamoci: stiamo seguendo anche noi Gesù da lontano? L’importanza della preghiera nell’oggi difficile della vita. Il pianto di Pietro che l’ha accompagnato per tutta la vita e lo ha reso capace, come capo della chiesa, di accogliere e accompagnare i credenti venuti meno nel momento della persecuzione, ad un cammino di conversione.

  • GETSEMANI: SI COMPIONO LE SCRITTURE

    Sabato, 28marzo

    Mt 26,30-56

    Gesù dovrà vivere il suo Calvario, e tutto questo costa. Nel Getsemani tocchiamo con mano la tragedia delle relazioni Gesù-discepoli. Nasce un interrogativo: noi siamo disposti a fare le scelte che sta per fare Gesù?

    Il gregge sarà disperso (26,30-35). Uscirono dal Cenacolo cantando: nella lode a Dio il gruppo Gesù-discepoli sembra unito, in comunione. Gli eventi però produrranno divisione, rottura. Gesù però vuole vivere fino in fondo la “Parola di Dio”, che gli dà speranza.

    Gesù sa di essere per i discepoli “oggetto” di scandalo: non solo la sua dottrina, il suo modo di comportarsi, la sua persona. Ora è quello che avverrà quella stessa notte. Scandalo è il “modo” con cui Gesù si presenta quella notte: Egli rifiuta i usare la sua potenza, di ricorrere alla legittima difesa: Egli appare nell’assoluta impotenza di fronte ai suoi avversari.

    Percuoterò il pastore”… Il vero popolo di Dio nascerà quando il pastore sarà percosso e il gregge disperso: Cristo ricostruirà il popolo di Dio, la sua Chiesa, come pietra angolare meravigliosa, affidandosi al Padre, mentre gli uomini lo rifiutano. Il Padre non lo lascerà nella morte: lo risusciterà e gli darà la possibilità di portare a termine la sua missione. Solo Gesù vive questa speranza, i discepoli sono scandalizzati!

    Sia fatta la tua volontà (26,36-46). Gesù e i discepoli, dopo le attestazioni di fedeltà, giungono insieme al Getsemani. Gesù esprime un desiderio: essere solo a contatto con il Padre. Vuole come Abramo (Monte Moria: Gn 22,5) essere solo nel suo sacrificio. Ci sono tre testimoni di questa lotta nella preghiera compiuta da Gesù. Vive una tristezza tanto grande che gli fa dire a tutti i discepoli di non lasciarlo solo.

    Gesù si raccoglie in preghiera (“prostrò”…), piega le ginocchia, lentamente s’incurva fino a toccare con la fronte il suolo, gesto tipico di chi adora. La sua preghiera è quella di un Gesù uomo, che cerca di sfuggire al dolore, disposto solo ad accettarlo se rientra nella sua missione. In questo caso è disposto ad affrontarlo anche in tutte le sue modalità. L’accento è sul “come”, su quelle modalità che in quella notte scandalizzeranno i discepoli. Gesù voleva vivere da solo il suo martirio, ma sentire i suoi discepoli in comunione con Lui. Ora si accorge che quella comunione che si era realizzata nel Cenacolo, si è definitivamente rotta (non sono riusciti a pregare… poi fuggiranno). A Gesù non resta che constare di essere solo. Li avvisa però del pericolo che stanno correndo, invitandoli a pregare.

    Nella seconda preghiera, l’accettazione di Gesù è totale anche nelle sue modalità. (“se non è possibile = dato che non è possibile). Ritorna dai discepoli, ma non li sveglia, né li rimprovera.

    Nella terza preghiera, di nuovo la disponibilità a compiere ora la salvezza dell’umanità come vuole il Padre. Poi la sua ora, l’ora del Padre è giunta e Gesù volontariamente si offre per i peccatori, compreso Giuda che sta per tradirlo.

    Un “Come” = non violenza (26,47-56). ora sono i discepoli che abbandonano Gesù, mentre prima era stato Gesù ad abbandonarli, perché il loro dormire era già un segno che non erano più con Lui. Subito sorge un contrasto tra Gesù, circondato dai nemici, e i discepoli. Essi voglio usare la spada, Gesù, no. Essi sono per la violenza o la legittima difesa, Gesù, no. Questo modo di comportarsi urta i discepoli.

    A Giuda, che lo tradisce, Gesù risponde: “Amico, fa ciò per cui sei venuto”. Gesù è tutto teso alla sua totale donazione: dice di sì all’essere consegnato nelle mani dei peccatori. Sceglie la via della non violenza. Al discepolo che estrae la spada, colpendo il servo del sommo sacerdote, rendendolo impuro al servizio del tempio, ricorda che non bisogna opporsi al malvagio. Solo la via di Gesù mette sulla via della salvezza; ma noi fino a che punto siamo disposti a seguirlo? Gesù annuncia che sta realizzando le Scritture (Is 50 e 52): la strada del Servo di Iahvè. E’ la strada che dà senso a tutta la storia, dalla creazione a Cristo. Con Gesù inizio questo cammino nuovo che porta alla casa del Padre. Tutti discepoli si diedero alla fuga: noi, fino a che punto siamo disposti a seguire Gesù e a vivere come Lui?

  • Lettera ai Cresimati

    Cari cresimati,

    Non vi abbiamo dimenticato. Dopo la solenne e ultima celebrazione della nostra comunità con la vostra Cresima, ora ci troviamo ognuno a casa sua. Lo Spirito Santo, che avete ricevuto è presente in tutti voi, come in noi. Ci unisce tutti a Gesù, facendoci sentire fratelli, un’unica grande famiglia.

    Continuate a pregare, diventando amici dello Spirito Santo, ascoltando i suoi misteriosi suggerimenti, lasciatevi trasformare dalla potenza del suo amore. Le vostre giornate si riempiano gioiosamente di gesti gratuiti di amore. Dimostrate coi fatti, con tanti preziosi servizi in famiglia, che, come gli apostoli, anche voi, siete trasformati.

    Da persone pienamente libere, organizzate le vostre giornate, senza sprecare il tempo. Non dimenticate i momenti di preghiera, anche per chiedere a Gesù che passi questa epidemia, che aiuti i malati e le persone che soffrono. (Chi desidera essere aiutato nella preghiera, magari tutti insieme in famiglia, può trovare un prezioso aiuto: 5 minuti di “preghiera quotidiana” in Youtube wwwdiocesitv.it).

    Prepariamoci così a celebrare la Pasqua, non sappiamo ancora come, nel migliore dei modi. Gesù risorto ci accompagna, Lui ci ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni”, anche e soprattutto quelli difficili. Aiutiamo le persone a non perdere la speranza.

    Vi accompagnamo con la nostra preghiera e vi salutiamo,

    Don Gianni e le catechiste.

    Fontane, 20.03.20.

  • Messaggio per i genitori dei ragazzi di 2^ media

    Nei nostri incontri di quest’anno stavamo riflettendo e confrontandoci sulla VITA NELLA COMUNITÀ CREDENTE.

    Stavamo realizzando insieme una catechesi esperienziale significativa e coinvolgente.

    L’itinerario prevedeva un triplice sguardo:

    La comunità degli Apostoli: prima e dopo la Pentecoste.

    Lo Spirito Santo e la sua azione.

    La nostra comunità cristiana: luci e ombre.

    Come diventare oggi una vera Comunità credente.

    Data la brusca interruzione, affidiamo a voi genitori la continuazione di queste riflessioni, leggendo con calma il libro degli Atti degli Apostoli, che ci presenta quanto hanno vissuto gli Apostoli e i primi credenti, gioiosi testimoni della Resurrezione di Cristo, uniti nell’amore, attenti a coloro che si trovavano in mezzo alle difficoltà della vita.

    Ogni famiglia è come una piccola chiesa, una comunità. In questi giorni, approfittate di questa situazione per migliorare la vita familiare, per fare in modo che ognuno sia più disponibile nel prestare il suo aiuto con entusiasmo. Verificate le difficoltà, i motivi che le causano, come ci si può aiutare per migliorarle.

    Quando riprenderemo gli incontri, avremmo occasione di dialogare sulle esperienze vissute. Non manchino i momenti di preghiera vissuti insieme.

    Vi assicuriamo la nostra vicinanza in particolare con la preghiera per tutti voi. Nell’attesa di poterci reincontrare, i più cordiali saluti

    Don Gianni, le catechiste e i catechisti.